di Nicola Gervasini
Paolo Brusò è un personaggio che si muove da tanti anni nel sottobosco alternativo italiano, con una serie di progetti pubblicati sotto varie sigle come Margareth, Focus on the Breath e tante collaborazioni. Plainn è il nickname che si è scelto per un progetto solista all’insegna dell’”indie-folk”, con piano e chitarra acustica in piena evidenza che si rincorrono fin dall’iniziale Open Sea. Brusò fa tutto da solo, compreso qualche tocco di synth per creare atmosfera e le parti di batteria che rendo il suono di brani come Take Care pieno ed elaborato, ma alla fine è evidente la ricerca di piccoli bozzetti folk improntati alla riflessione intimista, un po’ alla Drake/Pink Moon o più recentemente alla Belle & Sebastien. Certamente non una soluzione nuova, ma che Plainn sembra comunque maneggiare con gran maestria, e lo dimostrano canzoni indubbiamente riuscite come A Part Of You con le sue suggestioni notturne fatte di effetti e riverberi, la breve ma ben costruita Sins, o una Child immersa in suoni e rumori della natura. Da notare anche una My Star che trova una leggerezza melodica alla Turin Brakes a cui fa da contraltare il minaccioso incedere di Inside Out, prima che lo strumentale Plains e l’intensa Again chiudano i 35 minuti del disco. Plainn è un album che, pur senza sconvolgere grammatiche già scritte da altri, dimostra la ormai totale padronanza di certi stilemi folk moderni da parte della nostra scena, capace ormai di un respiro internazionale che solo vent’anni anni fa pareva una chimera.
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