The Wood Brothers Kingdom in My Mind [Honey Jar Record/ Goodfellas 2020] thewoodbros.com File Under: Blood brothers di Nicola Gervasini (11/02/2020) |
Non sono molto conosciuti nel nostro paese i Wood Brothers, nonostante una carriera che dura ormai dal 2006. Sarà che la loro proposta musicale, catalogabile come "roots-music" per mera comodità, è sempre stata anche fin troppo varia, come già avevamo notato nel disco precedente One Drop of Truth del 2018, disco che faceva forse fin troppo tesoro delle tante influenze che attraversano la loro musica.
I Wood fratelli lo sono veramente, ma se Oliver, che si occupa delle chitarre e scrive i brani, ha una impostazione da puro folksinger ( magari solo nato in piena era jam-bands e quindi con un malcelato amore per la Dave Matthews Band), Chris è un bassista nato a pane e jazz, ed era già noto al grande pubblico come terzo membro dei Medeski Martin and Wood, marchio fondamentale tra gli anni 90 e 2000 del mondo jazz-fusion (per cercare di descrivere la loro indefinibile proposta musicale), e band che non ha cessato di esistere parallelamente al progetto come Wood Brothers. Tutto ciò ha portato il sound del duo (come al solito aiutato solo dal membro aggiunto Jani Rix alle percussioni) su sentieri di uno swing-roots non facilissimo da gestire. Il nuovo album Kingdom In my Mind sembra però aver raggiunto un equilibrio migliore, se è vero che da una parte il duo trova il modo di cogliere la grande capacità di improvvisazione anche in studio, dall’altra il risultato appare più unitario e focalizzato.
I brani sono nati durante le sessions, in cui i musicisti avevano libertà di improvvisare senza obbligo di raggiungere un risultato in tempi brevi, e il clima di gioviale scontro tra talenti si sente chiaramente in queste canzoni. Così anche se nel loro suono passano elementi blues (Dream’s a Dream), gospel-soul (Cry Over Nothing e Jitterburg Love), di black music (Little Bit Broken) o di semplice folk come Little Bit Sweet o Satisfied, il tutto viene finalmente filtrato in maniera autoriale e con un imprinting del tutto personale che evidenzia un deciso salto di qualità rispetto al passato. Insomma, forse i Wood Brothers hanno scalato un gradino in più oltre la tradizione, cominciando a definire un loro stile che ancora non li porta a livelli di band come i Felice Brothers o i migliori Avett Brothers (per citare altri fratelli della scena), ma perlomeno ne cominciano a rappresentare una valida alternativa. Poi magari ad essere severi ci si immagina Don't Think About My Death fatta dai migliori Black Crowes e si sogna qualcosa di più, ma Kingdom In my Mind è un disco che merita comunque la vostra considerazione.
I Wood fratelli lo sono veramente, ma se Oliver, che si occupa delle chitarre e scrive i brani, ha una impostazione da puro folksinger ( magari solo nato in piena era jam-bands e quindi con un malcelato amore per la Dave Matthews Band), Chris è un bassista nato a pane e jazz, ed era già noto al grande pubblico come terzo membro dei Medeski Martin and Wood, marchio fondamentale tra gli anni 90 e 2000 del mondo jazz-fusion (per cercare di descrivere la loro indefinibile proposta musicale), e band che non ha cessato di esistere parallelamente al progetto come Wood Brothers. Tutto ciò ha portato il sound del duo (come al solito aiutato solo dal membro aggiunto Jani Rix alle percussioni) su sentieri di uno swing-roots non facilissimo da gestire. Il nuovo album Kingdom In my Mind sembra però aver raggiunto un equilibrio migliore, se è vero che da una parte il duo trova il modo di cogliere la grande capacità di improvvisazione anche in studio, dall’altra il risultato appare più unitario e focalizzato.
I brani sono nati durante le sessions, in cui i musicisti avevano libertà di improvvisare senza obbligo di raggiungere un risultato in tempi brevi, e il clima di gioviale scontro tra talenti si sente chiaramente in queste canzoni. Così anche se nel loro suono passano elementi blues (Dream’s a Dream), gospel-soul (Cry Over Nothing e Jitterburg Love), di black music (Little Bit Broken) o di semplice folk come Little Bit Sweet o Satisfied, il tutto viene finalmente filtrato in maniera autoriale e con un imprinting del tutto personale che evidenzia un deciso salto di qualità rispetto al passato. Insomma, forse i Wood Brothers hanno scalato un gradino in più oltre la tradizione, cominciando a definire un loro stile che ancora non li porta a livelli di band come i Felice Brothers o i migliori Avett Brothers (per citare altri fratelli della scena), ma perlomeno ne cominciano a rappresentare una valida alternativa. Poi magari ad essere severi ci si immagina Don't Think About My Death fatta dai migliori Black Crowes e si sogna qualcosa di più, ma Kingdom In my Mind è un disco che merita comunque la vostra considerazione.
Nessun commento:
Posta un commento