I
Numeri del COVID-19
Durante la guerra del Vietnam la
popolazione americana veniva informata quotidianamente sull’andamento del
conflitto da una conferenza stampa fissata alle ore 17, voluta dal Generale William Westmoreland,
comandante in capo delle forze armate statunitensi. I giornalisti battezzarono
l’appuntamento quotidiano come “le follie delle cinque”, perché l’incrollabile
ottimismo con cui venivano presentati i fatti stridevano non poco con gli
avvenimenti sul campo, facendo divenire Westmoreland il simbolo della poca
credibilità dei comunicati ufficiali in tempi di crisi.
Non nascondo che penso a quei
comunicati ogni sera quando il capo
del Dipartimento della Protezione Civile. Angelo Borrelli ci informa sui numeri
di contagiati, guariti e decessi del Coronavirus, ma se ovviamente Westmoreland sapeva di dire il falso (sua fu la
frase “Senza censura i fatti arrivano terribilmente confusi nella mente della
gente”), Borrelli invece sciorina dati che sono reali. O, perlomeno, davvero
ufficiali: anche lui sa bene infatti che se facessimo il tampone a tutta la
popolazione, i numeri sarebbero diversi, ma questi abbiamo, e su questi
dobbiamo ragionare.
Non ci
interessa infatti fare congetture che non ci competono, ma su una cosa dobbiamo
riflettere. Perché abbiamo così bisogno di sapere questi dati? I giornalisti ce
li dicono perché è il loro mestiere, Borrelli potrebbe dire la stesa cosa, ma
noi perché dobbiamo essere lasciati soli a cercare di capirli, con esisti non
sempre utili a migliorare lo stato d’ansia in cui già viviamo?. I numeri ci parlano,
ma bisogna anche conoscere la loro lingua, mentre invece ogni sera il loro
messaggio sembra sempre ridursi ad un “in aumento” o “in diminuzione”, come se “speranza”
e “ansia” siano le uniche due sensazioni che ci possiamo permettere di
comprendere durante questa quarantena.
Assumiamo
quindi che questo appuntamento giornaliero sia necessario anche in nome della
informazione e della libertà di stampa, ma se anche le medicine vengono
somministrate solo da medici o farmacisti che ti spiegano come assumerle, e
vengono vendute con bugiardini che lo spiegano nei minimi dettagli, facciamo
allora che anche certe notizie, ma soprattutto certi numeri, vengano dati dai
nostri amministratori in pasto al pubblico con le avvertenze e le modalità
d’uso. Evitiamo ad esempio di commentare frettolosamente se siano essi dati
“positivi” e “negativi”, alimentando così false speranze o dannose ansie. Non
parlo quindi della censura di cui parlava Westmoreland, ma della stessa
accortezza con cui anche noi diamo notizie spiacevoli ai nostri cari, con tatto
e delicatezza, ma anche con chiarezza e senza dare spazio a fantasiose
interpretazioni.
Nicola
Gervasini
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