mercoledì 26 gennaio 2022

MARK GERMINO

 

Mark Germino

Midnight Carnival

(VIDB1, 2021)

File Under: Old songwriters back on the road

Forse, essendo passati 30 anni, non dovrei dare per scontato che i nostri lettori, al nome di Mark Germino, abbiano avuto la mia stessa reazione di sorpresa mista a quel tocco di malinconica nostalgia per un’epoca musicale lontana. Nel 1991 il suo album Radartown fu uno dei tanti di un’ondata di artisti americani (Will T Massey, Michael McDermott, e tanti altri) che parevano in procinto di creare una scena anche popolare e redditizia, se non fosse che invece poi economicamente le cose sono andate male un po’ a tutti. In verità Germino, come anche Jimmy Lafave, ad esempio, non era certo un novellino, visto che un brano di suo pugno già cavalcava le billboard di Nashville nel 1977 cantato da Paul Craft, ma, come tanti (Steve Earle ad esempio), fino al 1986 aveva alternato la carriera di autore sotto contratto per la RCA di Nashville, a quella di camionista. Poi la voglia di provarci con una breve serie di album, dall’esordio London Moon and Barnyard Remedies, datato 1986, a cui fece seguito Caught in the Act of Being Ourselves nel 1987 e, appunto, il passaggio alla major BMG, che provò inutilmente a promuovere il sempre consigliabilissimo Radartown nel 1991, disco fatto di grande letteratura e Heartland Rock, in qualche modo vicino al tipo di canzone che ama scrivere James McMurtry. Rank And File uscì nel 1995, ma pochi se lo ricordano, e ad oggi si registrava solo un tentativo autoprodotto nel 2006, Atomic Candlestick. Midnight Carnival figura essere il suo primo album solista, visto che la denominazione dei dischi del periodo classico veniva condivisa con i fedeli Sluggers, e racchiude una serie di canzoni scritte negli anni e spesso prestate ad altri autori. Come spesso accade per gli artisti che non pubblicano per tanti anni, la prima impressione non è mai piacevole quando ci si ritrova davanti ad una voce cambiata e inesorabilmente invecchiata (d’altronde provate ad immaginare l’effetto che avrebbe fatto Oh Mercy di Bob Dylan sentito dopo Blood On The Tracks senza aver mai ascoltato tutti i passaggi intermedi), e così il duo di canzoni iniziale Traveling Man (Season 1 Episode 10) e Ettress Rolls On piace ma appare un po’ sfiatato, e forse viene dato troppo spazio alla fisarmonica dell’ex Poco Michael Webb. Poi però la classe della vecchia guardia esce allo scoperto, e Germino usa al meglio la poca voce che gli è rimasta per la straordinaria Lightning Don't Always Strike The Tallest Tree, canzone che da sola vale il prezzo del biglietto. Il resto del disco tradisce comunque una certa artigianalità nella produzione, nonostante la band sia composta da veterani di tutti rispetto come Kenny Vaughan, lo storico chitarrista dei Fabulous Superlatives. di Marty Stuart, o il batterista Rick Lonow (sentito nella band del Ryan Bingham degli esordi), e forse si poteva fare a meno di qualche brano un po’ troppo di maniera (Blessed Are The Ones, My Oh My) visto che il disco è lungo. Ma, qua e là, la zampata d’autore si ritrova (Carolina in the Morning, che vede tra l’altro l’ultima registrazione fatta dal grande pedal-steel player Rusty Young, The Greatest Song Ever Written o Author Of My Journey). Difficile venderlo come un grande disco nel 2021, ma già l’essersi confermato come un gradevole ritorno di un bravo autore è un buon risultato, che chi lo ha amato apprezzerà sicuramente.

Nicola Gervasini

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