Nathaniel
Rateliff
Red
Rocks 2020
(Stax
Records, 2021)
File Under: Sadly Alone
Nell’era più difficile per la
musica dal vivo, doveva prima o poi arrivare l’ondata di live-records nati in
piena pandemia, e figli di quelle sale silenziose che molti artisti si sono
trovati a dover affrontare, loro malgrado. Particolare anche l’idea di Nathaniel
Rateliff di creare una sorta di seguito ad un suo album dal vivo uscito nel
2017 (Live At Red Rocks), quasi a voler confrontare l’effetto di un disco
registrato davanti ad un pubblico festante e doverosamente accaldato, rispetto
ad un set registrato nella stessa sala, ma stavolta a beneficio del tecnico del
suono e pochi ristretti invitati. Red
Rocks 2020 è una sfida dunque, 18 brani che cercano di ribadire come la
nuova soul music è abbastanza rovente da infiammare anche una sala vuota,
pensato per consolare i tanti fans che non hanno potuto seguire il tour.
Paradossalmente finisce per suonare poco come un concerto reale e molto come un
album in studio registrato in presa diretta, tanto che se è seppur vero che
manca forse la mano di una forte post-produzione e di sovraincisioni ad
arricchire il piatto, il suono risulta decisamente più vivo, e alcune versioni
ne guadagnano rispetto a quelle ufficiali in studio. E se nel precedente album
c’erano i fidi Night Sweats ad accompagnarlo, per l’occasione Rateliff ha
assemblato una band che prevede qualche vecchio collaboratore e una mini-sezione
archi molto azzeccata, visto che il progetto nasce comunque come una sua
sortita solista a sostegno dell’album del 2020 And It’s Stil Alright, disco
che ben documentava un brutto periodo a seguito di un divorzio e della morte
del suo produttore storico Richard Swift. La scaletta ricalca molto poco quella
del live precedente, aggiungendo alcune novità uscite nel frattempo (All Or
Nothing, You Need Me, What a Drag) e qualche recupero del suo antico
repertorio (Early Spring Till, Shroud, This). In particolare, il brano Mavis
viene usato a rappresentare l’album per quella sua triste constatazione di
incomunicabilità forzata che i tempi del covid stanno rendendo ormai quasi normale.
Tra le curiosità dell’album è da citare sicuramente la versione di There’s A
War di Leonard Cohen, che vede la partecipazione di un Kevin Morby
che come lui si trovava al Red Rocks a preparare un tour che non partirà mai.
In ogni caso il disco ribadisce l’attitudine fortemente improntata all’attività
concertistica di questo artista, che proprio grazie a pubblicazioni come queste
si sta conquistando una solida e fedele fanbase negli USA, costruita sul
modello di continuo contatto nel tempo che ha decretato negli anni il successo
di Dave Matthews o dei Phish.
Nicola Gervasini
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