Mega Bog
Life,
And Another
(Paradise
Of Bachelors. 2021)
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Out of Focus
Avevamo già parlato di lei per il
precedente Dolphine, già il quinto disco della sua carriera, ma il primo
ad avere avuto una buona risonanza un po’ ovunque. Lei, Erin Elisabeth Birgy,
in arte Mega Bog, era fino a quel momento una delle ormai tante
cantautrici indipendenti figlie di nobili tradizioni al femminile (Joni Mitchell,
Laura Nyro, e il solito pizzico di Kate Bush), ma con Dolphine sembrava voler
abbracciare il mondo del nuovo art-pop etereo alla Weyes Blood o Angel Olsen.
Ci pensa questo Life, And Another a scompigliare però tutto, un disco davvero
complesso e finanche barocco nella produzione e nel suo buttare nel calderone
ogni tipo di strumento suono, ritmo, ispirazione. Facile anche capire a volte a
chi sia ispirata per unire una così composita tavolozza di colora, se nona quel
David Bowie echeggiato non solo quando gli ruba addirittura un titolo importante come Station To Station,
non una cover, ma guarda caso il brano più immerso nell’elettronica con ben tre
sintetizzatori “berlin-style” (nello strumentale Darmok ad accompagnare
la sua chitarra ce ne saranno ben quattro), o il sax solo apparentemente
stonato che appare in Crumb Back,
momenti sperimentali che fanno da contraltare alla conferma del suo amore per
la musica brasiliana, evidenziata nell’iniziale Flower o in altri brani
come Butterfly o la stessa title-track. Il tutto sempre con la sua voce
eterea e un po’ gentilmente allucinata a fare da fulcro, tra una Suzanne Vega
al risveglio e una Hope Sandoval o una Sophie Zelmani nei loro rari momenti
vigorosi, e con la sua scrittura che ama l’espediente della serie di immagini
che costruiscono una storia nella mente dell’ascoltatore, senza seguire apparentemente
un filo logico (Maybe You Died). Musicalmente però il disco segue le
visioni del produttore e percussionista James Krivchenia (dai Big Thief),
che ama condire ogni attimo con percussioni di ogni tipo. C’è sicuramente
parecchia carne al fuoco infatti, a volte persino troppa, perché la sensazione
è che lo sforzo compositivo, sicuramente notevole, evidenzia sì una creatività
nel pieno del suo apice, ma la frenesia poi di dimostrarsi anche un qualcosa di
diverso dalle altre la porta spesso a perdere il fuoco del disco, che risulta
essere un po’ lungo e frastagliato (certi abbozzi come Adorable o lo sconclusionato
strumentale Bull Of Heaven aggiungono poco al piatto se non un po’ di confusione in più ad esempio, ma anche
la Obsidian Lizard che segue rallenta molto la tensione della prima
buona parte del disco). Before a Black Te, ad esempio, è un episodio
anche molto divertente, in cui Mega Bog si prodiga in varie voci tra il
teatrale e il grottesco (dicevamo sopra di Kate Bush no?), ma conferma solo una
sensazione di ricerca del colpo ad effetto che il finale più rilassato e
convenzionale di Ameleon non riesce a cancellare. Seguitela in ogni
caso, il lato B non del tutto riuscito di questo album non basta comunque a non
considerarla una delle artiste più vive del momento.
Nicola Gervasini
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