Bill Fay
Still
Some Light - Part 1
(Dead Oceans, 2022)
File Under: Lost gems
Delle tante storie di recuperi di
artisti perduti nelle severe logiche discografiche dei primi anni Settanta,
quella di Bill Fay resta una delle più felici, sia perché la ristampa e
ricoperta dei suoi unici due album dell’epoca (l’omonimo esordio del 1970 e Time
of the Last Persecution del 1971), hanno ridato luce ad un autore davvero
particolare, sia perché i tre dischi realizzati negli ultimi anni, con l’aiuto
di qualche cultore della materia, sono andati ben oltre le aspettative in
termini di qualità e soprattutto di intensità. E così pareva logico che qualcuno
si mettesse anche a cercare tra glia archivi (fortunatamente ancora esistenti)
della Deram Records per cercare registrazioni inedite. Ci avevano pensato
subito a dire la verità quelli della piccola label Jnana Records nel 2010,
dando a David Tibet il compito di compilare un doppio CD intitolato Still
Some Light, con un primo CD di demo e inediti del 1970 e 1971, e un secondo
con dei demo casalinghi del 2009, con brani che verranno in gran parte
recuperati nei dischi degli anni Dieci. Il problema fu che l’antologia fu poco distribuita,
e soprattutto uscì prima che nel 2012 Life is People lo facesse conoscere
anche al pubblico dei nostri giorni come autore più che mai vivo e vegeto. Ci
pensa così la sua etichetta, la Dead Oceans, a recuperare il progetto e a ristamparlo
in due parti, mantenendo il titolo originale, ma stavolta realizzando una ben
più appetibile versione in doppio vinile (nonostante la breve durata, con lati
che durano poco più di una decina di minuti) che mancava nella precedente
edizione. Ad accompagnare l’uscita anche il primo di una serie di 7 pollici per
collezionisti che vede artisti giovani impegnati a interpretare i suoi brani.
Il primo 45 giri è così accompagnato dalle interpretazioni di I Hear You
Calling da parte di Kevin Morby e di Dust Filled Room di Steve Gunn,
sicuramente due artisti che al mondo musicale di Fay devono molto. Per il resto
la raccolta ricalca perfettamente quella già edita nel 2010, con una serie di
versione alternative ai brani del primo album prive delle orchestrazioni che
caratterizzarono le versioni finali, e già studi sui brani del secondo. Lo
accompagnano la sua band dell’epoca, composta da Daryl Runswick al basso, Alan
Rushton alla batteria, il
bravo Ray Russell alla chitarra (sarà poi produttore del secondo album), con
Bill impegnato sia sulle tastiere che alla chitarra acustica. Registrazioni di
varia e non sempre omogenea qualità, nonostante il gran lavoro fatto
dall’espertissimo mago del mastering Frank Arkwright, il che rende il disco,
comunque, un evidente prodotto per completisti e collezionisti del vinile,
visto che al di là della qualità di interpretazioni, sicuramente meno impostate
e rigide di quelle delle versioni finali, è comunque consigliabile prima
procurarsi i due album ufficiali per poter godere appieno anche di questi
demos. A breve dovrebbe uscire anche il secondo capitolo con le registrazioni
più recenti, e se poi volete anche perfezionare il tutto con i vari 45 giri di
cover a corredo (interessanti perché presentano la versione originale di Fay
sul lato B), preparate il portafoglio, perché la spesa supererà abbondantemente
il centinaio di euro.
Nicola Gervasini
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