venerdì 6 maggio 2022

BILL FAY

 


Bill Fay

Still Some Light - Part 1

(Dead Oceans, 2022)

File Under: Lost gems

Delle tante storie di recuperi di artisti perduti nelle severe logiche discografiche dei primi anni Settanta, quella di Bill Fay resta una delle più felici, sia perché la ristampa e ricoperta dei suoi unici due album dell’epoca (l’omonimo esordio del 1970 e Time of the Last Persecution del 1971), hanno ridato luce ad un autore davvero particolare, sia perché i tre dischi realizzati negli ultimi anni, con l’aiuto di qualche cultore della materia, sono andati ben oltre le aspettative in termini di qualità e soprattutto di intensità. E così pareva logico che qualcuno si mettesse anche a cercare tra glia archivi (fortunatamente ancora esistenti) della Deram Records per cercare registrazioni inedite. Ci avevano pensato subito a dire la verità quelli della piccola label Jnana Records nel 2010, dando a David Tibet il compito di compilare un doppio CD intitolato Still Some Light, con un primo CD di demo e inediti del 1970 e 1971, e un secondo con dei demo casalinghi del 2009, con brani che verranno in gran parte recuperati nei dischi degli anni Dieci. Il problema fu che l’antologia fu poco distribuita, e soprattutto uscì prima che nel 2012 Life is People lo facesse conoscere anche al pubblico dei nostri giorni come autore più che mai vivo e vegeto. Ci pensa così la sua etichetta, la Dead Oceans, a recuperare il progetto e a ristamparlo in due parti, mantenendo il titolo originale, ma stavolta realizzando una ben più appetibile versione in doppio vinile (nonostante la breve durata, con lati che durano poco più di una decina di minuti) che mancava nella precedente edizione. Ad accompagnare l’uscita anche il primo di una serie di 7 pollici per collezionisti che vede artisti giovani impegnati a interpretare i suoi brani. Il primo 45 giri è così accompagnato dalle interpretazioni di I Hear You Calling da parte di Kevin Morby e di Dust Filled Room di Steve Gunn, sicuramente due artisti che al mondo musicale di Fay devono molto. Per il resto la raccolta ricalca perfettamente quella già edita nel 2010, con una serie di versione alternative ai brani del primo album prive delle orchestrazioni che caratterizzarono le versioni finali, e già studi sui brani del secondo. Lo accompagnano la sua band dell’epoca, composta da Daryl Runswick al basso, Alan Rushton              alla batteria, il bravo Ray Russell alla chitarra (sarà poi produttore del secondo album), con Bill impegnato sia sulle tastiere che alla chitarra acustica. Registrazioni di varia e non sempre omogenea qualità, nonostante il gran lavoro fatto dall’espertissimo mago del mastering Frank Arkwright, il che rende il disco, comunque, un evidente prodotto per completisti e collezionisti del vinile, visto che al di là della qualità di interpretazioni, sicuramente meno impostate e rigide di quelle delle versioni finali, è comunque consigliabile prima procurarsi i due album ufficiali per poter godere appieno anche di questi demos. A breve dovrebbe uscire anche il secondo capitolo con le registrazioni più recenti, e se poi volete anche perfezionare il tutto con i vari 45 giri di cover a corredo (interessanti perché presentano la versione originale di Fay sul lato B), preparate il portafoglio, perché la spesa supererà abbondantemente il centinaio di euro.

Nicola Gervasini

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