giovedì 7 luglio 2022

MIKE CAMPBELL

 

Mike Campbell & The Dirty Knobs
External Combustion
[Mike Campbell/ Bmg 2022]

 Sulla rete: thedirtyknobs.com

 File Under: The Show Must Go On


di Nicola Gervasini (05/04/2022)


Una buona idea per uno speciale per una rivista musicale sarebbe scrivere la storia del rock attraverso i dischi solisti dei chitarristi normalmente abituati ad essere la spalla di un artista in particolare. Buona per il valore storico probabilmente, ma sicuramente non per attirare tanti lettori, visto che questa storia percorrerebbe inesorabilmente un sentiero fatto di dischi minori, curiosi nel migliore dei casi, trascurabili nel peggiore. Nessuno metterebbe in dubbio l’importanza di un Mick Ronson per la musica di David Bowie, un po’ meno quella delle sue sortite soliste, e credo che nemmeno Joe Perry consideri i suoi lavori personali importanti quanto quelli fatti con gli Aerosmith, per arrivare magari a citare Keith Richards, che spesso ha ribadito che i suoi dischi solisti (che sono comunque tra i migliori di questo sottogenere) servivano solo a tenerlo occupato mentre Jagger aveva altro da fare.

La storia per Mike Campbell è un po’ diversa, visto che purtroppo non ha più un Tom Petty da aspettare, uno che davvero non poteva fare a meno di lui tanto da chiamarlo a suonare e produrre anche i dischi non attributi agli Heartbreakers come WildflowersFull Moon Fever Highway Companion. Mike ora fa vita da session-man puro, ma dal 2019 ha dato vita anche una band, i Dirty Knobs, con i quali ha esordito nel 2020 con l’album Wreckless Abandon. È significativo che il loro secondo sforzo cambi la sigla in Mike Campbell and The Dirty Knobs, segno che forse non tutti i fans di Petty si sono accorti che dietro i Dirty Knobs si celava il loro vecchio guitar-hero. Questioni solo di intestazione, perché poi External Combustion cambia davvero poco le carte in tavola, a partire dai partners che restano gli ex Five Easy Pieces Jason Sinay (chitarra) e Matt Laug (batteria), session man visti anche alle spalle di grandi nomi come Alanis Morrissette e Neil Diamond, e il bassista Lance Morrison, già chiamato in causa anche da Don Henley.

Al secondo giro Campbell chiama anche qualche amico, il vecchio leone Ian Hunter che porta adrenalina in Dirty Job, la bella voce di Margo Price che impreziosisce la ballad State of Mind e qualche intervento del vecchio amico “spezzacuori” Benmont Tench. Le novità sono queste, perché per il resto Campbell ha una sua filosofia di rock americano buono sia per una garage-band (Lightning Boogie), sia per una american-band da grandi arene (Cheap Talk) che qui trova buona rappresentazione soprattutto nei brani iniziali del disco come la “petttianissima” Wicked Mind o Brigitte Bardot. Resta però quel gusto amaro di un qualsiasi disco di un chitarrista in libera uscita dalla strada principale, e cioè che troppo spesso si sente più la mancanza di un vero cantante (e magari anche di un grande autore, anche se la finale Electric Gypsy regala qualche soddisfazione in quel senso), piuttosto che la presenza del suo immortale e sempre perfettamente dosato tocco chitarristico.


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