Ashleigh Flynn & the Riveters
Good
Morning, Sunshine
(2025, Blackbird
Record Label)
File Under:
Country Fun
Sono passati ormai 17 anni da quando su queste pagine vi consigliavamo l’album American Dream di una giovane cantautrice di nome Ashleigh Flynn, inizialmente presentata dalle sue cartelle stampa come una nuova Norah Jones, ma poi nel tempo sempre più adepta di un cantautorato ostinatamente e fieramente country-rock. La ragazza non ha forse più tenuto lo stesso livello da allora, fin quando poi ha deciso nel 2018 di uscire dalla solitudine e unire le forze con le Riveters, una “All-Female Americana & Rock Band”, come si autodefiniscono sul loro sito. E sappiamo bene quanto una band al femminile faccia storicamente scena nel panorama rock (chiedetelo anche a Dave Alvin ad esempio), e così la nuova combo (in totale 7 donne sul palco), dopo aver pubblicato un album d’esordio nel 2018, ha poi passato anni ad infiammare i palchi americani con set energici e più che coreografici.
Il titolo del loro secondo sforzo discografico in studio, Good Morning, Sunshine, esprime benissimo lo spirito:” fun fun fun” avrebbero detto i Beach Boys, per cui al bando ballate tristi e polemiche politiche, e via ad una celebrazione della vita da strada e da bar (l’apertura Drunk in Ojai lì ci porta fin da subito), in cui si da spazio alle musiciste e alla loro verve. In qualche modo oggi Ashleigh Flynn & the Riveters potremmo definirle come dei Commander Cody and His Lost Planet Airman in quota rosa (se non li ricordate, andate subito a studiare i loro dischi degli anni 70), per citare nomi classici, o delle Dixie Chicks più spensierate, per stare su esempi più recenti, dove non si cerca tanto la proposta musicalmente originale, quanto il cocktail esplosivo di energia e suoni della tradizione.
In questo scenario Ashleigh Flynn forse perde un po’ della sua personalità, ma ugualmente si cala bene nel ruolo di band-leader, cantando su toni altissimi e ricordando sempre più la Maria McKee dei tempi d’oro. Sul piatto girano pezzi di sapore rockabilly (Deep River Hollow), baldanzosi brani da line-dance come Eye of the Light, occhiate convinte al southern-rock come la title-track, e anche qualche momento più calmo come Love is An Ember, fino alla corale battuta di mani di Don’t Leave Me Lonesome. In questo mix di bluegrass, country e varie influenze di roots-music, la Flynn riesce a piazzare anche qualche testo impegnato sull’ecologia, e forse si potrebbe anche intuire un sottotesto sociale in brani danzerecci come Shake The Stranger, ma non è sulle parole che punta un disco nato per divertire e intrattenere durante un viaggio, durante una bevuta al bar, o semplicemente da suonare in casa in un giorno di festa. A Portland funziona benissimo, in Italia non so se fa lo stesso effetto, ma vale la pena provarci.
Nicola Gervasini
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