A.J.
Croce
Heart Of
The Eternal
(BMG Rights Management, 2025)
File Under:
Play It Again, A.J.
L’esercito dei figli d’arte nel
rock ha da sempre due categorie ben precise, e cioè quelli che in qualche modo
ricalcano le strade paterne/materne semplicemente aggiornandole ai tempi, o chi
invece si distacca del tutto, prendendo altri modelli stilistici. A.J. Croce,
figlio del songwriter Jim Croce, è da anni un vero e proprio adepto di un suono
a metà tra il Tom Waits degli anni 70 e il New Orleans sound di Dr. John, certo
lontano dal cantautorato West Coast del padre. I suoi primi album negli anni 90
furono piuttosto apprezzati (se non li conoscete, recuperate subito That’s
Me in The Bar, il migliore del lotto), poi nei primi 2000 anche lui sentì
l’esigenza di provare a “normalizzare” il suo suono e il suo sound, e un po’ si
era perso, ma già da qualche titolo degli ultimi quindici anni pare aver
ritrovato la voglia di esprimersi col linguaggio al lui più congeniale. Per questo
vi presentiamo questo Heart Of The Eternal, suo undicesimo album, un po’
come un nuovo capitolo di un libro già scritto, una sorta di prosecuzione del precedente
album di inediti Just Like Medicine del 2017.
A fare la differenza è che qui a produrre
c’è un altro nobile “figlio di”, uno Shooter Jennings che da qualche
tempo sembra dare il meglio più come collaboratore che come primo nome, e che
ammanta le canzoni di Croce con un suono più deciso e cristallino, sicuramente
più in linea con le esigenze di riproduzione streaming odierne. Ma soprattutto
è il primo vero album scritto di suo pugno uscito in seguito alla tragica morte
della moglie, lutto che artisticamente aveva elaborato usando parole d’altri
nel cover-record By Request del 2021, e aver lasciato passare qualche
anno è stato sicuramente utile, perché i testi tengono conto sì del gran dolore
patito, ma cercano anche una via positiva di ritrovata filosofia di vita e di
amore, e di rasserenata coabitazione con i suoi lutti.
Insomma, fin dall’aggressivo giro
di I Got A Feeling c’è voglia di vita e vitalità, voglia di avvolgersi
nella calda e rassicurante coperta di un brano ovvio e stra-sentito (ma che non
ci verrà mai a noia) come la baldanzosa On A Roll. Le cose si fanno serie
con la soul-ballad Reunion, tra cori femminili e organi Hammond che
sibilano come nella migliore tradizione, con il tango alla Calexico di Complications
Of Love, con il blues di Hey Margarita e con la suadente The Best
You Can. Il suo stile dei primi album torna a fare capolino in So Much
Fun, e il momento quasi da crooner di All You Want. Tra gli ospiti troviamo
la voce di John Oates e quella fascinosa di Margo Price nel
finale tutto archi e cori di The Finest Line. Tutto classicissimo e tutto prevedibilissimo,
ma tutto anche fatto benissimo, a riprova che il ruolo che potrebbe avere A.J.
Croce nel panorama musicale moderno sia quello di continuare ad essere un
fiero “New Traditionalist”, senza tentazioni di cercare una modernità che proprio
non gli si confà.
Nicola Gervasini
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