mercoledì 18 gennaio 2012

CESARE CARUGI - Here's To The Road


Perchè un ragazzo - ormai neanche più tanto ragazzo - di Cecina decide di investire tempo, neuroni e energia nel produrre un disco in pieno 2012, destinato a perdersi nel mare magnum del iper-produttività di questi anni 2000? Per compiacere sè stesso, certo, per piacere agli amici e conoscenti, certo, per scoprire che al di là del muro di casa esiste qualcuno che condivide la stessa passione per un rock americano che suonava nuovo alla fine degli anni 70, quando un disco così serviva a far esordire uno Steve Forbert o un Willie Nile al grido "abbiamo il nuovo Springsteen o il nuovo new Dylan!". Certo. Quante copie potrebbe vendere Here's To The Road? Quanta storia può scrivere oggi una Caroline, la ballatona che ancora mancava nel perfetto songbook del blue-collar loser, o una Too Late To Leave Montgomery che ruba un incipit a Lucinda Williams ma poi riesce a trovare una strada tutta sua per diventare uno dei vostri tormentoni quotidiani se solo gli concedete più di un ascolto? Quante citazioni potrebbe guadagnarsi fra vent'anni un disco come quello di Cesare Carugi? E quanti, come lui, hanno imparato in anni di ascolti e passione un verbo (qui è quello del più puro rock americano) e ora lo sanno parlare alla perfezione, proprio quando sono rimasti però in pochi a capirlo? Già, perchè ascoltando Here's To The Road si hanno due obbligatorie reazioni: la prima è "cazzo, ma sta roba è tutta già sentita!". La seconda invece è "cazzo, ma 'sto tipo però è bravo". Già, il Carugi canta bene, sa come si scrive una canzone, e nei limiti di una autoproduzione casalinga, ha saputo anche registrarle. Poi ci pensi, e realizzi che se un Jimmy Iovine dei tempi d'oro avesse prenotato la casa per le vacanze a Marina di Cecina, e alla sera, tra una finocchiona e un ragù di cinghiale, avesse dato un paio di dritte al Carugi per rendere più potente una There Ain't Nothin' Wrong With Goin' Nowhere (grande brano e grande titolo...), se il Michael McDermott che passa in visita di cortesia in Dakota Lights & The Man Who Shot John Lennon (grande brano e grande titolo...) fosse ancora seguito dall'entourage da major che confezionò così bene il suo lontano esordio, se lo stesso Carugi si rendesse conto che se sa tirar fuori un piccolo gioiello come London Rain (pare un pezzo di Shawn Phillips, sempre che ci si ricordi chi diavolo fosse Shawn Phillips...), allora forse può anche andare oltre certi schemi da raduno di springsteeniani, insomma, se questo album fosse uscito 30 anni fa e fosse stato registrato a New York invece che a Bagno a Ripoli....allora....forse....il discorso lo sapete. Insomma, se questa è per la strada, allora che rimanga alla strada, ma un tempo questa roba la si dava prima in pasto alla storia, e non è colpa del Carugi se ora il rock and roll è solo questione di files sul desktop da passare sull'ipod e non più di radio che lanciano colonne sonore agli avvenimenti umani. Le sue canzoni sono le stesse che avremmo amato trent'anni fa, magari facendole passare per importanti, per cui che importa se oggi lo saranno solo per quei quattro gatti che avranno tempo per ascoltarle. Ci sono, e sono davvero sulla strada. Questo è il bello. (Nicola Gervasini)

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