lunedì 9 gennaio 2012

THE DUKE & THE KING


THE DUKE & THE KING


Deve aver pensato che era giunto il momento di dare il colpo di grazia ai propri fratelli il buon Simone Felice, e così, mentre i Felice Brothers arrancano affannosamente in una modernizzazione senza troppo futuro (ascoltate il recente e deludente Celebration, Florida), lui prova a lucidare il repertorio dei suoi The Duke & The King nella speranza di rendere ben chiaro chi ci ha guadagnato di più nella separazione. Il progetto del Duca e del Re (personaggi presi da Mark Twain) è giunto al terzo disco ormai, un album senza titolo che è in verità una sorta di “The Best” dei primi due lavori (l’ottimo esordio Nothing Gold Can Stay e il più incerto ma variegato Long Live), pensato e ideato per il mercato americano, visto che le due prime pubblicazioni hanno riguardato solo l’Europa. L’occasione è dunque quella di ripartire da zero e considerare che il progetto di Simone e del suo partner Robert "Chicken" Burke ha tutte le credenziali per produrre in futuro ottime cose, visto quanta grazia già ci offrono i questi solchi. Se non le conoscete, scoprite allora brani come If You Ever Get Famous o The Morning I Get To Hell, che nulla hanno da invidiare all’applauditissimo John Grant, oppure l’irresistibile folk-pop di Shaky (come si fa a resistere ad un ritornello che canta “The Jackson 5 grew up so fast, Cmon baby, Just come and shake that country ass”?), o la bella No Easy Way Out cantata dalla violinista Simi Stone. Il riferimento a John Grant può aiutare per capire lo stile: folk americano e pop inglese qui s’intersecano alla perfezione, con in più qualche inserimento percussivo un po’ obliquo, logico contributo di Burke, un nato alla scuola per deejay di George Clinton (anche il batterista Nowel Haskins viene dal giro dei Parliament). Ma quello che piace, anche risentendo questa panoramica che si divide quasi equamente tra estratti dei loro primi due lavori, è proprio la scrittura delle canzoni, malinconica ma mai autoindulgente, con un’attenzione particolare alla melodia senza però scadere nell’ovvio (sentite anche una semplice folk-song come O’Gloria). Come sempre accade in questi casi la scelta delle canzoni non collima perfettamente con quella che avremmo operato noi (ad esempio dal secondo album avremmo evitato la pesante Just You And I), e dal primo album manca all’appello qualche titolo fondamentale, ma in attesa di verificare la positiva evoluzione del duo, The Duke & The King è un consigliatissimo cd per essere aggiornati su una delle migliori nuove realtà della canzone americana.

Nicola Gervasini

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