Haunted By You segue l'incerto e debole Delancey Street, recuperando sicuramente una maggiore consapevolezza d'autrice (notevole in questo senso la title-track). Se Invisible Light pare un inizio un po' leggerino (ma verrà riproposta nel finale in versione più convincente), Abby Would You Wait (impreziosita dall'intervento vocale di Seth Glier) pare subito trovare il perfetto equilibrio tra testo e melodia, mentre California dimostra che forse anche le giovani folksinger alla Anais Mitchell devono molto alla sua generazione di chanteuse. L'album conserva comunque la tipica eleganza delle sue produzioni, con grande sfoggio di archi (The Sequin Song deve molto al violino di Jacob Lawson), del suo immancabile pianoforte (in grande evidenza in Performance Art, tour de force con un testo notevole fin dall'originale incipt "Oggi è il primo giorno del resto della mia morte") e il solito stuolo di session-man e amici che popola da sempre i suoi dischi. Si trovano le voci di Dar Williams e della procace Lucy Woodward, si sprecano le chitarre d'oro di James Mastro,David Immergluck dei Counting Crows, Mark Bosch (Ian Hunter Band) e addirittura del redivivo Shane Fontayne (Lone Justice e Springsteen era Human Touch) per un disco dove le sei corde restano comunque sempre relegate sullo sfondo per paura di rovinare il pathos di brani come Ready (dove Fontayne comunque prova a gettare elettricità nelle acque chete di un sound levigatissimo) o Confession. Inevitabile il paragone più che con la Tori Amos già citata, con la Regina Spektor più stilosa o con la Sarah McLachlan più evocativa. Album interessante ma decisamente troppo lungo e senza variazioni sul tema, Haunted By You conferma la Sage come personaggio incapace di dire quella parola in più che zittisca tutti. E di fatto, intorno a lei, sentiamo un gran vociare di giovani e talentuose artiste che fanno decisamente più rumore. Ed è un peccato, perché è del silenzio che avrebbe bisogno Haunted By You per esprimersi al meglio. |
martedì 29 gennaio 2013
RACHEL SAGE - Haunted By You
mercoledì 23 gennaio 2013
GRAHAM PARKER & THE RUMOUR - Three Chords Good
![]() | Graham Parker & The RumourThree Chords Good [Primary Wave 2012] www.grahamparker.net ![]() di Nicola Gervasini (03/12/2012) | ![]() |
Non facciamo troppo gli schizzinosi, l'idea di una reunion dei Rumour ci piace e, anzi, arriva forse troppo tardi e magari sarebbe stata auspicabile già a fine anni Novanta, quando collaborando con i Figgs (che ancora oggi lo seguono comunque come gruppo spalla nella torunee) Graham Parker aveva in qualche modo ritrovato la voglia di un pub-rock più secco e stradaiolo. Nel 2012 invece il tempo è passato, le pance e i capelli bianchi sono aumentati (sorvoliamo sulla oscena copertina, ma GP ci ha abituato a simili obbrobri), ma i "ragazzi" hanno avuto voglia e energia di riprovarci a 32 anni di distanza da The Up Escalator del 1980, ultimo capitolo della storica saga. A dire il vero più o meno tutti i componenti della band hanno poi continuato a collaborare e a suonare nei dischi di Parker nel corso degli anni, ma mai tutti contemporaneamente.
Felici di quindi di ritrovare in un colpo solo le chitarre di Brinsley Schwarz e Martin Belmont, il battito di Steve Goulding, il basso di Andrew Bodnar e le tastiere nervose di Bob Andrews, ma saremmo stati ancora più felici seThree Chords Good avesse rappresentato un nuovo cambio di rotta. Invece quello che subito pare evidente è che sono davvero troppo poche le differenze in termini di sound tra questo album e tutta la produzione di Mister GP dal 1990 ad oggi, con quel sound elettro-acustico leggero e smussato che aveva già cominciato a stancare con il precedente (e debolissimo) Imaginary Television. Intendiamoci, il livello è buono e la band prova a ritrovare i ritmi di un tempo (il pub-reagge dell'inziale Snake Oil Capital Of the World, che, ahinoi, non è la nuova Hey Lord, Don't Ask Me Question) e sapori rock persi negli anni (Live In Shadows). Ma nulla qui ricorda anche solo lontanamente quel rock nervoso e adrenalinico sciorinato in album come Stick To Me e Squeezing Out The Sparks.
Siamo dunque al solito tran-tran parkeriano, sempre piacevole e lodevole quando la penna funziona (Arlington's Busy), ma anche sotto questo aspetto il nostro beniamino sembra aver perso un po' della capacità di scrivere la canzone giusta per ogni momento. Si apprezzano le sue classiche ballate (Long Emotional Ride e forse ancor di piùStop Cryin About The Rain), ma si sbadiglia anche un poco quando GP innesta il pilota automatico con brani come She Rocks Me o Old Soul. La sensazione è che se ci sono i Rumour, proprio non si sentono, se non in innocuo rock-blues come A Lie Gets Halfway 'Round the World (tour de force che finisce con un Parker con fiatone che dichiara "mi sono rotto una mano, meno male che ne ho due"), nel bar-rock di Coathangers (dove finalmente si sente un vero assolo di Schwarz) o magari nel tentativo di trovare una nuova Watch The Moon Come Down (qui si chiama The Moon Was Low). Resta la classe, la simpatia, le parole taglienti e sagaci, qualche buona canzone da aggiungere al suo songbook migliore (la title-track, la nostalgica Last Bookstore In Town) e la speranza che dal vivo sappiano tirar fuori qualcosa di meglio.
Felici di quindi di ritrovare in un colpo solo le chitarre di Brinsley Schwarz e Martin Belmont, il battito di Steve Goulding, il basso di Andrew Bodnar e le tastiere nervose di Bob Andrews, ma saremmo stati ancora più felici seThree Chords Good avesse rappresentato un nuovo cambio di rotta. Invece quello che subito pare evidente è che sono davvero troppo poche le differenze in termini di sound tra questo album e tutta la produzione di Mister GP dal 1990 ad oggi, con quel sound elettro-acustico leggero e smussato che aveva già cominciato a stancare con il precedente (e debolissimo) Imaginary Television. Intendiamoci, il livello è buono e la band prova a ritrovare i ritmi di un tempo (il pub-reagge dell'inziale Snake Oil Capital Of the World, che, ahinoi, non è la nuova Hey Lord, Don't Ask Me Question) e sapori rock persi negli anni (Live In Shadows). Ma nulla qui ricorda anche solo lontanamente quel rock nervoso e adrenalinico sciorinato in album come Stick To Me e Squeezing Out The Sparks.
Siamo dunque al solito tran-tran parkeriano, sempre piacevole e lodevole quando la penna funziona (Arlington's Busy), ma anche sotto questo aspetto il nostro beniamino sembra aver perso un po' della capacità di scrivere la canzone giusta per ogni momento. Si apprezzano le sue classiche ballate (Long Emotional Ride e forse ancor di piùStop Cryin About The Rain), ma si sbadiglia anche un poco quando GP innesta il pilota automatico con brani come She Rocks Me o Old Soul. La sensazione è che se ci sono i Rumour, proprio non si sentono, se non in innocuo rock-blues come A Lie Gets Halfway 'Round the World (tour de force che finisce con un Parker con fiatone che dichiara "mi sono rotto una mano, meno male che ne ho due"), nel bar-rock di Coathangers (dove finalmente si sente un vero assolo di Schwarz) o magari nel tentativo di trovare una nuova Watch The Moon Come Down (qui si chiama The Moon Was Low). Resta la classe, la simpatia, le parole taglienti e sagaci, qualche buona canzone da aggiungere al suo songbook migliore (la title-track, la nostalgica Last Bookstore In Town) e la speranza che dal vivo sappiano tirar fuori qualcosa di meglio.
lunedì 21 gennaio 2013
MELISSA JAMES - DAY DAWNS
![]() |
[Home]
| |
![]() [Melissa James & Ross Lorraine 2012] ![]() "Abbiamo un sacco di nuove cantanti ossessionate da Aretha, un sacco di nuove swingers che vorrebbero solo essere lei" cantava Graham Parker nel 1996, e a più di quindici album possiamo ben dire che quella che era una tendenza dell'allora crescente mondo del nuovo r&b, è ormai diventata una consuetudine nella nostra epoca di new-soul revival. Melissa Jamesè solo una delle tante, una ragazzina di Londra che con il proprio album d'esordio Day Dawns (uscito già prima dell'estate) cerca disperatamente il soul della Franklin che fu. Tentativo nobile, anche se, non potendo contare su una voce di egual potenza, finisce forse più per trovare la delicatezza della Roberta Flack prima-era. Tredici canzoni che inseguono suoni soul classici fatti di fiati-hammond e chitarre gentili (Don't You Keep Yourself Down), melodie che sembrano rubate da un inedito songbook di Carole King (Little Caged Bird), duetti da ufficio marketing Motown con il vocalist Kevin Leo (Sing), slow-songs strappalacrime alla Otis Redding (I Need You Here), blues acustici (Don't Ever Let Nobody), passaggi jazzy (You Make Me Feel Good o I Get Along Without You Very Well) fino a tocchi d'autore alla Joan Armatrading (I Miss You). Nulla nasce per caso qui, la scolaretta ha studiato bene i classici ed esegue tutto con certosina precisione fin dal geometrico songwriting dei suoi brani. Manca forse non tanto la personalità, ma il colpo di genio che la sappia far risaltare (il produttore Joe Leach è solo un buon mestierante da studio), ma per essere la sua prima volta c'è sostanza su cui investire. Sempre che la black-music non si stanchi di questo (insperato fino a pochi anni fa) ritorno al passato. (Nicola Gervasini) www.melissa-james.com |
venerdì 18 gennaio 2013
CHARLIE MARS - BLACKBERRY LIGHT
| ||||
mercoledì 16 gennaio 2013
WEST END MOTEL - ONLY TIME CAN TELL
WEST END MOTEL
ONLY TIME CAN TELL
Ada/West End Motel
***

Nicola Gervasini
lunedì 14 gennaio 2013
ADRIAN CRAWLEY - I SEE THREE BIRDS FLYING
ADRIAN CRAWLEY
I SEE THREE BIRDS FLYING
Chemikal Underground
Records
***

Nicola Gervasini
giovedì 10 gennaio 2013
THE OLD CEREMONY- FAIRYTALES AND OTHER FORMS OF SUICIDE
THE
OLD CEREMONY
FAIRYTALES
AND OTHER FORMS OF SUICIDE
Yep Roc Records
***

Nicola Gervasini
martedì 8 gennaio 2013
BENJAMIN GIBBARD - FORMER LIVES
BENJAMIN GIBBARD
FORMER LIVES
Barsuk records
***1/2

Nicola Gervasini
sabato 5 gennaio 2013
MARK EITZEL - DON’T BE A STRANGER
MARK EITZEL
DON’T BE A STRANGER
Merge
***

Nicola Gervasini
Iscriviti a:
Post (Atom)
Bob Mosley
Bob Mosley Bob Mosley (Waner Bros/Reprise 1972/2024) File Under: Soul Frisco E’ il 1972, il country-rock sta esplodendo come g...
-
NICOLA GERVASINI NUOVO LIBRO...MUSICAL 80 UN NOIR A SUON DI MUSICA E FILM DEGLI ANNI 80 SCOPRI TUTTO SU https://ngervasini.wixsite.com...
-
Jonathan Jeremiah Good Day [ Pias/ Self 2018 ] facebook.com/jjeremiahmusic File Under: il nostro disco che suona… di Nicola Gerva...