giovedì 10 gennaio 2013

THE OLD CEREMONY- FAIRYTALES AND OTHER FORMS OF SUICIDE


THE OLD CEREMONY

FAIRYTALES AND OTHER FORMS OF SUICIDE

Yep Roc Records

***

Non è certo un titolo accomodante quello del nuovo album degli Old Ceremony. Fairytales and Other Forms of Suicide, potrebbe anche essere il nome di un libro, di un film o di un semplice articolo, o appunto di un album di un artista inglese come Django Haskins, uno che non ha fatto lo scrittore solo perché la chitarra un giorno ha vinto la guerra contro la penna. Il suo ensamble (sono in cinque con il tastierista Mark Simonsen, il violinista Gabriele Pelli, basso e batteria di Jeff Crawford e Dan Hall) è sulla piazza da otto anni, e questo è il loro quinto lavoro, uno sforzo produttivo non indifferente che cerca di bissare il buon ritorno di pubblico e critiche avuto tempo fa con Our One Mistake (finì tra i 100 top records del 2006 della rivista Paste). Il loro modello stilistico è alquanto moderno: una voce decisamente british, una struttura decisamente americana (basta sentire Sink Or Swim, brano che sembra rubato ad un certo Steve Wynn più roots-oriented), un songwriting spesso fuori dagli schemi che richiama molto gli Avett Brothers odierni o molte cose dei Mountain Goats. Il disco gioca molto sull’alternanza tra momenti più freak-oriented (la bella title-track o Catbird Blues) con altri decisamente più convenzionali (la love-song acustica Elsinore o il finale alla Hothouse Flowers di Feet Touch The Ground). Ma l’accento comunque è messo sui testi, piccole storie tra il personale (Day That I Was Born) e un evidente amore per la letteratura americana (Beebe Arkansas, brano che insegue non poco i Mumford & Sons nello stile), spesso derivate dai tanti frammenti di piccola letteratura pubblicati da Haskins in un blog che porta il nome della band. E di fatto la sensazione è che spesso Haskins abbia più personalità come autore che come musicista, dove alle buone idee (Star By Star ma soprattutto lo strano psycho-rock di Middle Child) o a buone canzoni (Royal We) non fa sempre da contraltare la presenza di elementi di decisa definizione del proprio stile. Un male minore questo nel mondo della musica indipendente, e se i riferimenti evidenziati in questa recensione sono quelli che al momento vi stanno emozionando, Fairytales and Other Forms of Suicide potrebbe essere il disco giusto da ricercare tra i tanti presenti sul mercato.
Nicola Gervasini

Nessun commento:

BILL RYDER-JONES

  Bill Ryder-Jones Lechyd Da (Domino 2024) File Under:   Welsh Sound I Coral sono da più di vent’anni   una di quelle band che tutti...