LINCOLN DURHAM
EXODUS OF THE DEEMED UNRIGHTEOUS
Droog / Rayburn
***1/2
Proporre un nuovo nome in ambito blues e dintorni
non è mai facile. L’elemento novità infatti è un pourparler, visto che il genere difficilmente offre nuove frontiere
stilistiche, ma fa piacere sapere che il mondo blues continua comunque a
generare nuove leve. Lincoln Durham
è un giovane bluesman atipico. Primo perché viene dai dintorni di Austin, per
cui nasce respirando roots-music fin da piccolo. Secondo perché il suo
scopritore e pigmalione è stato Ray Wylie Hubbard, che lo ha utilizzato spesso per
spargere umori blues nel suo atipico country. Già titolare del buon esordio nel
2012 (The
Shovel Vs. The Howling Bones),
Lincoln Durham torna ancora più agguerrito con
questo Exodus Of The Deemed
Unrighteous, un disco breve (31 minuti) di blues rauco ed
energico. “Registrato utilizzando solo gli strumenti più a buon mercato e le
suppellettili più percussive che abbiamo potuto trovare” dice il libretto,
e già avete capito lo spirito. Blues da strada, rumoroso e percussivo, vicino
alle incursioni nel genere di Tom Waits o con le stesse sfumature gospel dei
dischi di William Elliott Whitmore (basta sentire l’apertura di Ballad Of A
prodigal Song). Durham non bada molto alle canzoni ma all’impatto della sua
voce e dei suo arrangiamenti da busker navigato. Con momenti di puro spettacolo
come il tour de force di Annie Departee (il passo verso gli White
Stripes è davvero breve…), l’hard –blues di Beautifully Sewn, Violently Torn (gli
Aerosmith i blues li fanno così da decenni), il gran bel giro in slide di Stupid Man. Non esiste nulla qui dentro
che non sia già stato pensato e suonato da altri, possa essere Howlin Wolf, Mississippi Fred McDowell o qualsiasi gruppo rock
che abbia affrontato un blues acustico o semi-tale. Ma nonostante questo Exodus Of The Deemed Unrighteous
riesce ad essere un disco fresco e veloce. Il momento di fermarsi ad ascoltare
un canzone c’è, nella bella ballata Keep On Allie, ma in veste da
folksinger Durham finisce ad assomigliare a troppi altri (qui ad esempio Shawn
Mullins, ma in Sinner spare di sentire Ryan Bingham), mentre quando
riparte a battere il piede sull’asfalto con Exodus Waltz torna a dare il
meglio di sé prima del gran finale di Mama. Consigliato, anche se non vi
cambierà la vita.
Nicola Gervasini
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