mercoledì 5 marzo 2014

SETH LAKEMAN

SETH LAKEMAN
WORD OF MOUTH
Cooking Vinyl/Honour Oak
***
Strano fenomeno quello di Seth Lakeman, violinista di estrazione folk che ha conosciuto un inaspettato successo in Gran Bretagna con il suo strano mix di folk e pop moderno. Album come Freedom Fields del 2006 (che ha portato i singoli Lady Of The Sea e The White Hare nella billboard britannica) e l’ancor più venduto Pour Man’s Heaven del 2008, Lakeman si è conquistato un posto nello star system dopo una lunga gavetta cominciata nel 1994 in compagnia dei fratelli Sean e Sam ( a loro volta titolari di proprie discografie). Word Of Mouth, settimo album della sua carriera (escludendo quelli con gli Equation) continua il percorso già intrapreso dal precedente Tales From The Barrel House: meno melodie facili, meno “pop” e meno strizzate d’occhio ad una classifica che non ha più bisogno di sognare, più voglia di farsi accettare anche dal gotha della folk music inglese. Che poi “inglese” mica troppo, se è vero che l’effetto di ballate come Another Long Night o Labour She Calls Home è lo stesso di alcune roots-song dei Bodeans che furono. Poi però Bells si butta di testa nel brit-folk classico, e Last Rider azzarda pure danze celtiche. I momenti migliori arrivano nei momenti in cui si lascia andare con il suo violino (The Courier, The Ranger, ma anche l’iniziale The Wanderer), oppure quando decide di concentrarsi sulla canzone lasciando perdere i numeri da funambolo, come nella bellissima ballata The Saddest Crowd o nella tesa Tiger. Registrato (con anche ottimi risultati dal punto di vista del calore dei suoni) in una chiesa nel Nord Devon, Word Of Mouth è il risultato di una precisa ricerca di storie della tradizione inglese, o anche semplici aneddoti raccontati dalla gente comune, raccolti da Seth tra un tour e l’altro. Quasi un concept album, un’opera sicuramente ambiziosa che forse ancora più mette in risalto la mancanza di quel genio in grado di renderla davvero imperdibile (considerando che il disco cala anche un po’ nel finale dopo la scoppiettante parte centrale), ma che rappresenta comunque un encomiabile (e in fondo riuscito) sforzo da parte di un artista che a trentasei anni sta cominciando a costruirsi una carriera per la maturità.


Nicola Gervasini

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