BROWN BIRD
AXIS MUNDI
Supply
& Demand
***
Nel cantautorato di marca
folk/roots due sono le vie oggigiorno: o seguire la linea di songwriting
classica del rock americano da Dylan in giù, oppure assumere un atteggiamento
più dimesso, “indie” si dice ormai da almeno vent’anni, decisamente più
“british” nel suo essere solo apparentemente fuori dagli schemi. Perché poi ad
uno schema risponde anche l’arte dei Brown Bird, duo indie-folk formato
da David
Lamb (barba d’ordinanza, voce alla Sam Beam, aria timido-depressa come
da manuale) e la bassista/violoncellista/violinista MorganEve Swain (bellezza
dimessa, non volgare, nascosta…sempre come da manuale). Duo attivo fin dal 2007
con una disordinata discografia tra ep e album interi (anche questo aspetto
risponde ad un preciso canovaccio alla Will Oldham e compari), pubblicano con
questo Axis Mundi la loro opera
finale, visto che Lamb si è spento alla fine dello scorso anno per una leucemia,
lasciando alla Swain la difficile decisione su come continuare la carriera. Un
po’ come è stato The Wind di Warren
Zevon, Axis Mundi è dunque un disco
registrato da un artista conscio di eseguire il proprio canto del cigno, e
questo lo rende già emotivamente pregnante e significativo. Ma la fretta di
chiuderlo (o forse, visto quanto molti di questi brani suonino abbozzati, non è
in verità stato finito) ha forse portato a pubblicare un’opera interessante
quanto contraddittoria. I riferimenti più evidenti, oltre a quelli citati dei
mostri dell’indie-folk dell’ultimo ventennio, potrebbe comprendere anche Syd
Barrett (quanti Pink Floyd si sentono in Forest
and Fevers?), vuoi anche per quell’amore dell’arrangiamento scarno e
zoppicante che molti brani mantengono. I due di fatto hanno fatto tutto da soli
in casa, senza altri session-man, ed è un peccato forse, perché qua e là in una
scaletta di ben quindici titoli si ravvisano non pochi embrioni di ottime
canzoni (Focus, Adolescence, Ephrain).
Ma in mezzo troviamo anche troppe idee già note e sentite meglio sviluppate da
altri (Iron & Wine su tutti qui direi), e quell’aria di disco casalingo che
forse è ora di lasciarsi un po’ alle spalle, dopo che tanto ha contribuito a salvare
la musica folk nei tempi di crisi dei primi anni duemila. Non c’era tempo
probabilmente, o Lamb invece davvero cercava il proprio Pink Moon prima di lasciarci, in ogni caso questo testamento lascia
una eredità monca, e la morte del protagonista ha impedito che la sigla Brown
Bird potesse maturare in qualcosa di veramente importante per i prossimi anni.
Peccato, in ogni caso.
Nicola Gervasini
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