lunedì 28 dicembre 2015

KEITH


 Keith Richards 
Crosseyed Heart 
[
Virgin EMI 
2015]
www.keithrichards.com
 File Under: Keef's lessons 

di Nicola Gervasini (29/09/2015)
A volere essere cattivi (ma con lui pare impossibile esserlo), nonostante oggi si diverta a fare il vecchio saggio rock che sciorina saggezza blues contro le musiche nemiche, non è che Keith Richards possa vantare un'integrità artistica così immacolata. Certo, è il musicista che più di altri è nato musicofilo e non innamorato solo della propria tecnica, e questo lo renderà sempre il chitarrista rock per antonomasia. Ma, nonostante in Life (una delle migliori autobiografie del rock) glissi sull'argomento, Richards alla fine ha ceduto alle insistenze dell'amico Jagger, permettendo che negli ultimi 20 anni i Rolling Stones diventassero esattamente quel patetico carrozzone puramente revivalistico e completamente disinteressato all'aspetto creativo (un solo album in 18 anni ne è l'esempio concreto) che lui aveva tentato di scongiurare negli anni ottanta.

E proprio in quegli anni di guerre, litigi e dichiarazioni di eterna devozione al rock and roll contro le voglie di spaziare in altri mondi di Mick, era nato Talk is Cheap, il succo di tutto il suo discorso, bissato quattro anni dopo dall'ugualmente godibile Main Offender. Paradossale che solo 23 anni dopo arrivi il terzo capitolo, e ancor più significativo che Crosseyed Heartsuoni esattamente come i suoi due predecessori. Sarà forse perché la prima gestazione risale al periodo post Voodoo Lounge (1996), quando Keith accarezzò l'idea di un album interamente reggae (Love Overdue arriva da quelle sessions), o perché alla fine a suonare sono sempre i medesimi amici di un tempo (gli X-Pensive Winos, alias Steve Jordan, Waddy Wachtel, Ivan Neville, Sarah Dash e lo scomparso Bobby Keys), ma qui ritroviamo le stesse quattro idee di sempre: pezzi rock a iosa (TroubleHeartstopperAmnesia), un reggae, una folta manciata di quelle sue ballatone soffuse da gattone innamorato (Robben BlindSuspiciousJust A GiftLover's Plea), un bluesaccio tanto per gradire (Blues in the Morning), un funkettone per ribadire la sua anima black (Substantial Damage), un duetto con Norah Jones tanto per avere un ospite (Illusion), la solita incursione nel country per permettere a noi giornalisti rock di ricordare la sua amicizia con Gram Parsons (il traditionalGoodnight Irene), e qualche pezzo "alla Stones" che fa solo pensare che "certo che se ci fosse Mick…" (Something For Nothing e la bella Nothing On Me).

Il tutto a dimostrazione che il rock è fermo a 23 anni fa, nonostante qualche sparuta giovane leva provi ancora a ripartire da qui per andare avanti (ascoltate ad esempio i Titus Andronicus più recenti). Poi ora non pretendete che vi spieghi perché tutto ciò suoni ancora oggi come meraviglioso, o come può succedere che basta solo che lui muova anche un poco le sue corde per riconciliarmi con questo rock ormai stanco e sorpassato. Non ne ho idea, se non appellandomi alla mia età anagrafica (esisterà un under 30 che ascolterà Crosseyed Heart, se non perché l'ha comprato il padre?). Perché, a mente fredda, io so che Crosseyed Heart non è certo un capolavoro, ma è solo il nuovo disco di Keith Richards, ed è esattamente come tutti gli altri dischi di Keith Richards, ma, nonostante questo, io sono davvero contento che esista ancora Keith Richards.

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