Charles Bradley
Changes
(2016,
Daptone Records)
File Under:
Old Soul never dies
Ammetto di avere poca fiducia
negli sviluppi presenti e futuri del cosiddetto New Soul degli anni 2000, e
forse ancora meno ne avevo nelle possibilità del vecchio Charles Bradley di
poter dire ancora qualcosa di significativo in materia. Di lui vi abbiamo già
parlato in occasione dei due capitoli precedenti (No Time For Dreaming del 2011 e Victim
Of Love del 2013), a 68 anni quasi suonati Bradley è un novellino arrivato
con questo Changes al terzo capitolo
di una carriera iniziata discograficamente a 63 anni, quando il terreno era già
da tempo fertile per un emulo di James Brown come lui. Protetto dalla grande
ala della Daptone Records, Bradley continua a non avere uno stile proprio e
facilmente riconoscibile, eppure in qualche modo in Changes riesce ancor meglio che nei due simpaticamente scolastici
album precedenti a stilare una sorta di piccola storia del classic-soul
classico in undici canzoni. Si guarda pesantemente alla Stax e ai suoi artisti
stavolta, partendo sempre da James Brown (Good
To Be Back Home fa incetta di urletti e “Good God!” alla Father of Soul),
ma passando presto a suoni da Staples Singers (Nobody But You) o Swamp Dogg (Ain’t
Gonna Give It Up), e soprattutto con una title-track che annerisce
addirittura la Changes che fu dei
Black Sabbath epoca Vol.4. Non è la
prima volta che gli artisti della nuova ondata Soul tentano ardite trasposizioni
e costruiscono ponti tra genere apparentemente inconciliabili (penso ad esempio
a JC Brooks & the Uptown Sound e alla sua riuscita cover di un brano dei
Wilco nel 2010, ma l’elenco potrebbe essere lungo), ma Bradley in qualche modo
riesce a tenere viva e a non stravolgere troppo l’interpretazione che fu di
Ozzy Osbourne, aggiornandola tra maestosi fiati soul e rendendola un nuovo sofferto canto di amore. Giochi di stile
comunque, come tutti quelli che Bradley ci fa ascoltare fino alla fine, sia che
si tratti di sentite storie sentimentali (Crazy
For Your Love) o maestose invettive socio-politiche (Change For The World). Giochi che continuo a trovare ormai utili
solo a tener viva una tradizione che vuole essere vecchia per definizione e
mantenere la Black Music ancorata a quella genuina espressione di sentimenti,
ritmo e melodia che fu il Soul fino all’avvento del rap e dell’R&B moderno.
Impossibile dunque non apprezzare Changes, sicuramente uno dei migliori
prodotti New Soul di questi anni dieci, se poi abbia senso perdere tempo con
Charles Bradley piuttosto che ripassarsi la discografia di Sly Stone è una
questione che vi lascio risolvere da soli.
Nicola Gervasini
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