martedì 12 maggio 2020

…And You Will Know Us by the Trail of Dead

Band e titolo più lunghi del 2020: …And You Will Know Us by the Trail of Dead – X: The Godless Void and Other Stories

...And You Will Know Us by the Trail of Dead - X
Dine Alone Records – 2020
Sono arrivati al decimo album, e forse ancora troviamo difficile scrivere o dire il nome correttamente senza dover fare un controllo sull’ortografia, ma d’altronde quando si sceglie di chiamare un progetto musicale …And You Will Know Us by the Trail of Dead, penso che la difficoltà sia più che voluta. I fans infatti si riferiscono da sempre a loro come Trail of Dead, se non addirittura T.o.D., in ogni caso i quattro musicisti di Austin restano una delle più durature realtà nate nella metà degli anni 90. X: The Godless Void and Other Stories arriva dopo un lungo periodo di pausa e riflessione, deciso all’indomani della pubblicazione di IX nel 2014, anni in cui la band è stata attiva in tour celebrativi dei vent’anni di carriera.

La formazione dei Trail of Dead

Attorno al leader Conrad Keely continuano ad esserci il co-leader Jason Reece, l’unico rimastogli fedele fin dal 1994, con la particolarità di alternarsi a lui sia alla voce che alla batteria, oltre a Autry Fulbright II e Jamie Miller, che invece si sono imbracati tra il 2010 e il 2011 a seguito di un rimpasto di line-up. Non è facile raccontare la loro musica, sospesa a volte tra atmosfere rarefatte e l’elettricità sofferta di band nate al pari di loro negli anni 90 come i Madrugada o i Catherine Wheel.

X: The Godless Void and Other Stories: un po’ nostalgia guida i Trail of Dead

Dopo la intro strumentale di The Opening Crescendo, che tra archi e muri di suoni maestosi pare introdurre ad un film epico, si parte con il tetro giro di All Who Wander, con distorsioni chitarristiche puramente “nineties” e un cantato enfatico, mentre la quasi title-track Into The Godless Void ha un drumming tipico dell’era grunge. Insomma, si respira aria di nostalgia un po’ ovunque, con Don’t Look Down che riporta alla mente gli Smashing Pumpkins o Something Like This che cala i toni quasi fosse un brano dei Buffalo Tom, e ancora Gone, che ha una tensione che ricorda i Live.

In tutto questo però va dato atto che, se è vero che ha palesemente deciso di pigiare sul tasto dell’amarcord a beneficio degli over-40 che gli anni novanta li hanno vissuti come anni ruggenti, con X i Trail of Dead a mantenere un certo marchio di fabbrica. Più evidente magari nei brani più sognanti come Children of The Sky, che evidenza anche una tendenza ai cambi di tempo all’interno della canzone che li rende forse meno radio-friendly, e a volte addirittura più vicini alle complesse strutture hard-prog dei Tool (sentite Who Hauntes The Haunter).

L’era della maturità?

Jason Reece ha presentato il disco come una raccolta dedicata alla musica con cui sono cresciuti, il che è palese ammissione che l’era della maturità è arrivata, e ora si pensa solo a raccoglierne i frutti. A voi decidere se seguirli in questo viaggio a ritroso, o se attendere che tornino a guardare in avanti, magari sbagliando, ma con più coraggio.

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