mercoledì 27 maggio 2020

MOBY


Moby | Discografia | DiscogsAlle ore 17 del 26 dicembre 2019 sono sicuro che voi (come noi) stavate ancora cercando di smaltire gli svariati avanzi dei pranzi natalizi, e così ci ha pensato Moby a ricordarci in quel momento, con un post sulla sua pagina Facebook, che la recente Conferenza sul Clima Cop25 non ha minimamente fatto menzione del ruolo dell’alimentazione e dell'agricoltura animale nell’attuale disastro ecologico. “Per essere molto chiari; la produzione di carne e latticini è la terza causa principale dei cambiamenti climatici (nonché la causa del 95% della deforestazione della foresta pluviale)” ammonisce Richard Melville Hall, vero nome di questo newyorkese che da anni crea in egual misura hit radiofoniche e iniziative animaliste, frase poi riproposta anche il 5 gennaio in occasione degli incendi in Australia. Per descrivere come per lui musica e attivismo non siano scindibili, basterebbe trovare un video del tour che fece nel 1996 come “spalla” dei Soundgarden. Ricordo che il numeroso pubblico intervenuto a dare l’addio alla band di Chris Cornell accolse male questo magro Disc-Jockey (tale era ritenuto ai tempi), che si permetteva di scimmiottare la vena più punk-oriented del “grunge”, e così pochi capirono bene l’utilità del suo set tutto chitarre e proclami. Oggi è invece tutto più chiaro, persino quella parentesi di rock alternativo ed estremo che si era concesso con l’album Animal Rights del 1996, prima di tornare dietro le sue consuete consolle e tastiere, e conquistare il mondo con il bestseller Play (era il 1999), quello di Natural Blues e Honey per intenderci. Animal Rights fu un flop totale, ma servì a far da manifesto filosofico della sua arte, ed è solo di tre anni fa il suo ideale seguito, significativamente intitolato More Fast Songs About The Apocalypse. Vegano e animalista convinto, Moby rappresenta al meglio lo spirito ecologista dei nostri tempi, che fa dell’alimentazione umana il punto di partenza per la guerra individuale contro la distruzione del nostro pianeta. Il nome del suo ristorante vegano, il Little Pine, aperto nel suo quartiere a New York nel 2015, è oggi diventato anche una linea di prodotti ad impatto zero, e i proventi di tutte queste sue attività (compresi i libri scritti sull’argomento e il festival ambientalista Circle V), vengono destinati alle numerose associazioni animaliste a cui fa da testimonial, ad esempio quelle contro gli allevamenti intensivi come Humane Society, Farms Not Factories, Best Friends Animal Society e Farm Sanctuary, ma anche la politicizzata MoveOn (nata nel 1996 per difendere Bill Clinton dall’impeachment, oggi attiva per Bernie Sanders). Per trovare fondi per la società Physicians Committee for Responsible Medicine vendette addirittura la sua copiosa collezione di vinili usati per anni quando era un giovane DJ, e non riesco ad immaginare sacrificio più estremo. “Vegan For Life” recita uno dei suoi tanti tatuaggi, e forse non c’era bisogno di ribadirlo.


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