lunedì 12 ottobre 2020

JASON MOLINA

 

   
 

Jason Molina
Eight Gates

[Secretly Canadian/ Goodfellas 2020]

 Sulla rete: secretlycanadian.com

 File Under: The Piper at the Gates of Dawn


di Nicola Gervasini (06/08/2020)


Paradossalmente uno dei torti più grandi fatti a Jason Molina (o ai suoi tanti moniker, da Songs:Ohia a Magnolia Electric Co.) è stato quello di insistere spesso sul suo debito artistico con Neil Young, complice una reale e innegabile influenza, certo, e un modo di cantare che ovviamente lo ha ricordato molto in alcuni album. Eppure Molina oggi può tranquillamente essere visto come la colonna portante di tutta la musica messa sotto la voce “indie-folk“ (al pari di un Will Oldham, un Bill Callahan, o un Mark Kozelek) prodotta perlomeno dalla metà degli anni Novanta ad oggi, e sicuramente non può essere solo un buon seguace colui che segna la via ad una enorme schiera di giovani artisti.

La storia di Molina è purtroppo finita nel 2013 con la sua tragica scomparsa, ma sebbene non abbia mai avuto un seguito tale da giustificare il raschiamento del barile che stiamo vedendo per grandi nomi come David Bowie o Prince, la sua etichetta storica, Secretly Canadian, si sta prodigando a ricercare nei suoi cassetti progetti che valga la pena di rendere pubblici. Lo è sicuramente questo Eight Gates, album abortito e rimasto dunque incompleto più di dieci anni fa, con un totale del minutaggio che arriva a 25 minuti (siamo quasi in zona EP insomma, anche se i brani sono nove). Il progetto, tra l’altro, era anche importante, nato nel 2008 quando Jason rimase a Londra per curarsi da un fantomatico morso di ragno subito in Italia (per il suo medico frutto della sua fantasia malata, ma lui reagì assumendo dosi ingenti di farmaci in pieno delirio ipocondriaco). In quei tempi di isolamento, Jason decise di prendersi dei giorni per sé per elaborare un nuovo disco che doveva essere una sorta di concept dedicato alla capitale britannica, vista però a modo suo.

L’ottava porta del titolo infatti era quella che, nella storia, si era immaginato aver aperto lui stesso all’entrata di Londra (che, come è noto, ha sette ingressi storici). I nove bozzetti che registrò appaiono davvero straordinari per intensità, dove a risaltare è proprio la voce di Jason, mai così pulita probabilmente, accompagnata quasi soltanto da un organo, una chitarra acustica e un bellissimo violino. È un disco con un suono oscuro e lisergico, che riporta a certe produzioni degli anni Sessanta, se è vero che Thistle Blue addirittura ci riporta ai tempi di Starsailor di Tim Buckley, She Says e Old Worry cercano ancora Syd Barrett, e la dolce The Misson’s End probabilmente Nick Drake. Di Neil Young neanche l’ombra, direi stavolta. Le emozioni arrivano fortissime con l’inizio a cappella di Fire on The Rail e con le iniziali Whisper Away e Shadow Answer To The Wall (già il titolo è bellissimo), e, sebbene sia solo un piccolo assaggio di quello che poi avrebbe voluto realizzare, basta a consigliarvelo.

È un disco che vi chiede in fondo di ascoltare in silenzio (anzi, lo chiede lui stesso all’inizio di Crossroad + The Emptiness), magari al buio, per capire perché la lezione di Molina non vada dimenticata.


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