Loretta
Lynn – Still Woman Enough
2021,
Legacy Records
Ci sarebbe da scrivere un
capitolo a parte sulle copertine in stile di quasi tutte le ultime uscite di Loretta
Lynn, perlomeno per la splendida di galleria di lunghi abiti che ne verrebbe
fuori, ma credo sia giusto ricordare perché questa signora, che l’anno prossimo
compirà 90 anni, è, e continua ad essere, uno dei cardini fondamentali della
country-music americana. Un genere spesso considerato chiuso in sé stesso, poco
conosciuto anche dagli amanti del rock tradizionale, tanto che di lei molti
sentirono parlare per la prima volta solo nel 2004, quando l’ex White Stripes
Jack White approfittò della sua raggiunta notorietà per riportarla in auge con
il bellissimo Van Lear Rose, vero punto di incontro tra nonna e nipote di una tradizione
musicale nobile e molto sottovalutata anche in terra nostrana. Stranamente la
Lynn non diede seguito a quel riuscito esperimento, ma da qualche anno, nonostante
l’età non sia ormai clemente con le sue possibilità di fare concerti (nel 2017
si è rotta l’anca durante una delle sue tradizionali apparizioni al Grand Ole
Pry, spettacolo radiofonico live di Nashville che dura fin dal 1925, e ha
chiuso l’attività sul palco), ha ripreso una costante attività discografica. Still
Woman Enough mantiene lo stesso team produttivo dei precedenti Full Circle
(2016) e Wouldn't It Be Great (2018), capitanato da John Carter Cash, il
figlio di Johnny Cash e June Carter che porta avanti caparbiamente la
tradizioni di famiglia di un country che concilia sempre perfettamente amore per
la tradizione e per i “good old times”, come amano chiamarli a Nashville, e per
un suono comunque moderno, che ha ancora qualcosa da insegnare a molti giovani,
E’ questo il senso anche di questo nuovo album, che sebbene non abbia uno scolaro
attento come lo fu Jack White a portare un tocco di contemporaneità, unisce
riletture di suoi vecchi cavalli di battaglia come Coal Miner's Daughter, You
Ain't Woman Enough (con Tanya Tucker) e One's On The Way (dove l’aiuta Margo
Price), standard di genere ormai immortali come I Saw the Light di Hank
Williams, e qualche canzone nuova come la title-track (dove intervengono alla
voce altre regine della country-music come Reba McEntire e Carrie Underwood) o traditionals
del 1800 che fanno parte delle basi di tutta la musica americana come Old
Kentucky Home o Keep On the Sunny Side. Insomma, ancora una volta la vecchia maestra
sale in cattedra con il suo stile inconfondibile, con i suoi testi che
affrontavano con coraggio temi scomodi per il mondo conservatore americano come
alcool, droga e violenza domestica, ribadendo quanto questa musica, che molti ancora
si ostinano a considerare lontana e diametralmente opposta a quanto espresso
dal mondo rock alternativo, sia invece uno degli elementi imprescindibili della
formazione di tanti giovani artisti, anche quelli che certo non condividono
stile e visioni di vita della Lynn (che è anche un personaggio politicamente
molto esposto nelle campagne a favore dei candidati Repubblicani). Still
Woman Enough non è forse un disco fondamentale nella sua carriera, ma è un
valido riassunto per iniziare a conoscerla.
VOTO: 6,5
Nicola Gervasini
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