Giulio
Larovere
Road
Sweet Home
(Giulio
Larovere,2021)
File Under: On The Road Again
L’idea di libertà assoluta che porta un giovane ad alienarsi dal mondo civile non smetterà mai di avere il suo fascino, letterario o cinematografico che sia (pensate al successo di Into The Wild di Sean Penn), ed è proprio su una storia simile, quella dell’americano John Knewock che raccontò il suo viaggio in solitaria per la nazione, che si poggiano i testi di Road Sweet Home, nuovo album del milanese Giulio Larovere. Il titolo parla chiaro sullo spirito che aleggia sul disco, quasi che l’abbracciare poi una grammatica roots-rock americana di stampo decisamente classico sia quasi un naturale “di cui” della motivazione filosofica. Larovere ha scritto questi brani in due notti, registrando i demo sottovoce per non svegliare i vicini. Un amore verso storia di rotture radicali che in fondo trova riscontro anche nella sua vita, visto che a 38 anni ha deciso di abbandonare la vita lavorativa “normale” per perseguire la sua vocazione artistica. Un’idea forse legata ad ideali letterari del secolo scorso, come anche non certo moderna è stata la scelta di registrare in analogico “come ai vecchi tempi” grazie anche all’aiuto degli esperti Giuliano Dottori e Larsen Premoli, che si è occupato di far suonare organo Hammond e il piano Fender Rhodes come in un vero disco degli anni 70. Retro-mania motivata comunque dallo stile di questi brani, come i singoli Rain e To See A Lonely Hart o la programmatica What’s The Use On Being Free e Rambling Boy, tutte legate da un concept ben preciso legato alle poesie scritte sulla strada da Knewock. A Milano nel 2021 tutto ciò potrebbe sembrare anacronistico e fuori contesto, ma in fondo Road Sweet Home vuole solo ricordarci che là fuori esiste un’alternativa, e che a volte anche solo sognarla può aiutarci a sopportare il nostro scomodo status di persone “civili”
Nessun commento:
Posta un commento