Il nome di Markus Rill non è certo nuovo per noi, che già avevamo avuto occasione di parlarvi di questo ragazzone tedesco di Francoforte innamorato della roots-music, uno che da ormai parecchi anni si è garantito un posto di tutto rispetto nel gota degli hobo europei grazie ad alcuni dischi interessanti (da ricordare Hobo Dream del 2004 e The Price Of Sin del 2006) pubblicati dalla specializzata Blue Rose. Wild Blue & True è il suo nuovo sforzo, nonché il chiaro tentativo di guadagnarsi ancor più credito nel mondo della canzone d’autore di marca nashvilliana, vale a dire quell’area legata ancora all’idea del solitario troubadour alla Steve Earle prima maniera, che racconta storie su strutture che dal country tradizionale arrivano spesso e volentieri all’heartland rock. Forte di una band rocciosa (i Troublemakers), il nuovo disco cavalca immaginari noti fin dal titolo, dove l’essere “veri e selvaggi” come ogni tipico eroe con chitarra dei nostri tempi si contrappone al suo essere triste (ergo solitario, coma da tradizione). Le canzoni di questo disco, possono ricordare molto il Martin Zellar dei tempi d’oro (per darvi una coordinata da intenditori), parlano di sentimenti, ma non sono sempre necessariamente malinconiche. Le donne e gli amici restano il fulcro dei suoi racconti, le prime decantate ad esempio nella tragica figura di Natascha, ragazza incarcerata raccontata in un bel brano caratterizzato dal suggestivo suono della chitarra di Felix Leitner, oppure nelle star misteriose di Girl Of Many Secrets o quelle del bel duetto con Annika Fehling (cantautrice svedese molto interessante conosciuta sulle strade europee) in Your Own Private Rainbow. Il mondo delle relazioni invece affiora dai racconti di The Kid From Tupelo, o la toccante vicenda di The Boy Who Never Was My Friend, ma per il resto dai suoi testi affiora la fiera dichiarazione d’indipendenza di un uomo che crede nella sua musica e nella forza di proporla nonostante le tante difficoltà (Wild Blue True-hearted Man apre il disco con un titolo già di per se programmatico, e l’acustica Falling Into Place chiude sui toni da tipico rocker irriducibile, per quanto stanco da una vita on the road che regala poche soddisfazioni). Se un difetto va riscontrato, è il fatto che per tutte le tredici canzoni il suono e le soluzioni, sempre sospese tra acustico ed elettrico, trovano poche variazioni sul tema e pochi spunti che si discostano dal manuale del buon songwriter che tutti conosciamo. Per il resto se siete ancora romanticamente legati all’idea del cantautore senza macchia e paura che si batte contro i mulini a vento, Markus Rill è nato con questa immagine, e la incarna ancora alla perfezione.
Nicola Gervasini
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