lunedì 4 aprile 2011

COWBOY JUNKIES - Demons


Ad essere severi, la storia dei Cowboy Junkies sarebbe potuta anche finire 15 anni fa, all'indomani di Lay It Down, l'ultimo loro disco ad aver avuto eco e seguito anche al di fuori della stretta cerchia di fans. Era la prima fase della loro carriera (detta "del periodo d'oro"), quella in cui poteva capitare che dell'uscita di The Caution Horses nel 1990 se ne occupasse persino Tv Sorrisi e Canzoni, ma erano anche tempi in cui la fabbrica dei fratelli Margo e Michael Timmins sfornava brani memorabili e cover sempre necessarie, mentre ad un certo punto tutto si è perso in una debolezza compositiva crescente e in una miriade di riletture e outtakes-record davvero solo per appassionati. La fase 2 della loro carriera (detta "dell'assestamento") li ha visti comunque saggiamente produrre solo 4 album di originali in 15 anni, ed è per questo che l'anno scorso avevamo accolto l'inizio della fase 3 (detta "dell'autoproduzione coatta") con un certo rammarico, visto che il programma prevede una serie di uscite a raffica "only for fans", denominate"The Nomad Series", che già nel concetto rinunciano non solo all'ormai perso appuntamento con la storia, ma anche alla razionale gestione della propria arte che dovrebbe portare chiunque ad evitare di inflazionare il proprio mercato.

Il volume 1 di suddetta serie (Renmin Park) aveva confermato i timori, con una serie di brani senza spina dorsale, ed è per questo che suscitava poco entusiasmo l'uscita di questo Demons, sorta di monografia dedicata a Vic Chesnutt, che sulla carta rappresenta l'ennesima occasione per sciorinare cover fatte in serie sulla formula "prendi un brano qualsiasi e ipnotizzalo con la voce di Margo che fa sempre scena". Ebbene, e con immensa gioia e la grande sorpresa tipica di chi proprio non ci sperava più, che nel lettore ci troviamo il disco dei Cowboy Junkies più riuscito dai tempi in cui erano ancora in grado di scrivere brani come Common Disaster. A favore di questo bel disco hanno giocato due fattori: il primo è che nel songbook dello scomparso Chesnutt c'è tutto quel materiale di prim'ordine che da soli i Timmins non riescono più a produrre, secondo che in questo caso la voce di Margo non si limita a dare la versione stralunata di classici con altro ritmo e verve, ma affonda in una materia che già in origine teneva un ritmo blando e depresso, per cui il valore aggiunto è la grazia in più rispetto allo sgraziato e sofferto vocalizzo di Vic.

Nascono così Flirted With You All My Life, West Of Rome, Strange Language e l'incredibile Wrong Piano che apre lo show, senza dubbio tra le registrazioni migliori che i Junkies abbiano mai fatto, con la chitarra sempre acidula di Michael che trova spesso nelle tastiere di Joby Baker uno splendido e inaspettato contraltare. Visto che Chesnutt era il classico artista sfortunato che piaceva quasi più ai colleghi che al pubblico, di tributi per lui ne verranno altri, ma che non saranno meglio di questo è già una certezza.
(Nicola Gervasini)

www.cowboyjunkies.com


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