giovedì 21 aprile 2011

MARIANNE FAITHFULL - Horses And High Heels



A leggere la recente autobiografia di Keith Richards pare davvero difficile identificare la Marianne Faithfull di oggi con l'evanescente fidanzata di Jagger che si aggirava nuda per le case degli Stones, alimentando perverse mitologie a base di tavolette di cioccolato usate a guisa di dildo (Keith, per la cronaca, smentisce divertito). Non è tanto che oggi la Faithfull è un'affascinante signora di 65 anni, quanto che nel 1979, lei che fino a quel momento era stata in grado di offrire solo piacevoli brit-folk songs in salsa pop, ha pubblicato un capolavoro come Broken English, e da allora, complice anche una voce divenuta nel frattempo profonda e unica, il livello dei suoi dischi è sempre stato altissimo. La Faithfull è forse il miglior esempio vivente di come, pur non essendo una grande autrice, si possa fare dischi scritti e prodotti da altre eminenze grigie lasciando però sempre un'impronta personale. In questo scenario il nuovo Horses And High Heels si pone come una semplice conferma alla regola, con un prodotto forse meno caratterizzato rispetto ad alcuni dei suoi titoli più blasonati, ma non per questo meno consigliabile.

Visto il buon successo della formula del precedente Easy Come Easy Go, qui viene confermata la collaborazione col produttore Hal Willner e il mix di cover e brani autografi (sono solo 4, ma Prussian Blue e la title-track meritano un piccolo applauso anche alla penna). Il disco a dir la verità parte con il freno a mano tirato, la The Station rubata ai Gutter Twins (alias Mark Lanegan e Greg Dulli) non decolla, e il disco sembra mantenere un'aria piuttosto "scazzata" fino a quando, con No Reason di Jackie Lomax, la nostra sciorina un roots-rock da bar di Austin davvero inedito per le sue corde, che ci introduce ad una serie di episodi azzeccati e persino scanzonati rispetto alla sua abituale serietà. Tra le riletture spiccano una splendida Love Song, che era di Leslie Duncan, ma che tutti ovviamente ricordiamo nella versione dell'Elton John di Tumbleweed Connection, così come piace la versione malinconica di Going Back di Carole King.

La Faithfull sembra volersi divertire, come dimostra una Gee Baby che potrebbe essere anche il parto di uno dei viaggi a New Orleans di Bonnie Raitt, o una Back in Baby's Arm's di Allen Toussaint dove si scontrano nientemeno che il piano di Dr. John e la chitarra di Lou Reed. In ogni caso tutto sembra dire che la Signora ha un presente nobile e tutto da raccontare, nonostante il passato sia ancora lì, nel mito rock che la vuole come la Sister Morphine che allietava le notti di Mick, ma anche nel recupero delle registrazioni fatte da Brian Jones in Marocco a Jajouka, usate come tappeto per la scanzonata e pop Eternity. Un modo forse per esorcizzare i fantasmi di una vita vissuta intensamente, e che si è tradotta in una serie di opere di altissima e inimitabile classe.
(Nicola Gervasini)

www.mariannefaithfull.org.uk

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