Tom Morello 'The Nightwatchman' World Wide Rebel Songs [New West 2011]
I Rage Against The Machine esistono ancora, anche se dalla reunion del 2007 non hanno prodotto nuovi dischi e vivono facendo tour "elettorali". L'esperienza con gli Audioslave è ufficialmente terminata nello stesso anno, con anche qualche delusione per i risultati ottenuti da quello che era uno dei più promettenti supergruppi dell'era post-grunge. Ma lui, Tom Morello, sempre dallo stesso anno non vive solo di proclami e revival, ma si alimenta attraverso il suo alter-ego, The Nightwatchman, il guardiano notturno che vigila sui mali dell'America attraverso canzoni e mille iniziative dove non esiste più un vero confine tra musica e politica. Più che la chitarra, negli ultimi anni Morello ha sventagliato la sua laurea ad Harvard in Scienze Politiche, finché una sera Bruce Springsteen lo ha chiamato sul palco per una versione elettrica di The Ghost Of Tom Joad e lui si è convinto che la chitarra acustica ucciderà anche i fascisti quando partorisce folk di razza, ma il suo DNA resta legato ad un amplificatore.
World Wide Rebel Songs nasce dunque come ulteriore evoluzione del progetto Nightwatchman, dopo che il secondo album The Fabled City aveva fatto solo una gran confusione in tal senso, e trova finalmente un buon equilibro tra toni da vero folker (The Dogs of Tijuana) e voglia di tornare a scatenare anche qualche roccioso riff contro i padroni del mondo (It Begins Tonight). Altra saggia mossa quella di non ricorrere più alla ingombrante produzione di Brendan O'Brien, ma fare tutto da solo, alla ricerca di un sound il più possibile vicino a quello di un concerto. Il risultato è schiavo dell'ondivagare della sua ispirazione, ma nel complesso regge, soprattutto quando il buon Tom azzecca fin da subito un brano come Black Spartacus Heart Attack Machine, primo singolo dedicato alla sua nuova chitarra con corde di nylon, o quando limita le inutili comparsate di tanti ospiti al solo opportuno intervento di Ben Harper nella worksong Save The Hammer For The Man.
Insomma, l'eroe non è più solo (in copertina si guadagna anche una compagna di lotta), ma ben accompagnato da una band battezzata Freedom Fighter Orchestra, e continua una guerra che non è stata certo l'elezione di Obama a rendere superflua. Il disco conferma che il chitarrista si trova ormai pienamente a suo agio quando si seguono strutture classiche (Speak and Make Lightning, The Whirlwind), mentre magari mancano ancora le spalle larghe da grande autore quando prova vie improbabili come la tribale Facing Mount Kenya o quando scivola un po' nell'inno populista Stray Bullets. Tanto chiasso però finisce comunque con un numero per solo voce e chitarra (God Help Us All) che sa più di Kris Kristofferson che dei Clash, il che evidenzia solo come il sol dell'avvenire di questa nuova rivoluzione stilistica è ancora lontano. (Nicola Gervasini)
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