lunedì 31 ottobre 2011

MICHAEL CHAPMAN - Fully Qualified Survivor

Michael Chapman
Fully Qualified Survivor
[Light In The Attic 2011]




Nel 1970 la diatriba tra tradizionalisti e modernizzatori era ancora accesissima nel mondo del folk britannico (andate a rileggervi dei litigi tra Nick Drake - conservatore - e John Martyn - rivoluzionario - descritti nel libretto del cofanetto Fruit Tree dedicato al primo). In molti erano pronti ad accettare che un grande chitarrista come Richard Thompson rigenerasse le antiche gighe britanniche in chiave elettrica, o che venissero rivisitati i songbook di autori americani come Dylan o Joni Mitchell, ma la scena conservava ancora una chiusura rispetto al mondo del nuovo rock inglese, visto come rozzo e commerciale. Il 1970 fu dunque un anno che fece da spartiacque nel cambiamento di rotta, e se nel 1969 un Al Stewart ancora lontano dai fasti dell'anno del gatto guadagnò solo parecchi insulti affidando ad un Jimmy Page fresco di esordio con i Led Zeppelin le parti di chitarra del suo album Love Chronicles (titolo da rivalutare), già nel 1971 Roy Harper, con la stessa identica mossa per il suo capolavoro Stormcock, sdoganò l'idea che il folk potesse imbastardirsi non solo con le sonorità del rock, ma anche con i suoi stessi eroi. Fully Qualified Survivor di Michael Chapman si pone esattamente in mezzo. Il disco era nato per la Harvest, etichetta che spingeva volentieri i propri protetti a sperimentazioni e fratellanze spesso ardite con altri generi, e che puntò molto su questo album dopo i buoni riscontri dell'ottimo Rainmaker del 1969.

E così, accanto alle evoluzioni acustiche del titolare, il disco presentava una produzione decisamente radiofonica affidata a Gus Dudgeon e alle orchestrazioni di Paul Buckmaster, vale a dire le due menti che avevano appena creato il suono del secondo vendutissimo album di Elton John. Ma l'elemento di rottura era la chitarra di Mick Ronson, che ancora non era una superstar, e che registrò le sue parti proprio mentre lavorava anche a The Man Who Sold The World di David Bowie, il disco che lo lancerà definitivamente. E basta ascoltare Postcards Of Scarborough, brano che ottenne anche un certo successo (l'album rimane il suo unico ad essere entrato nelle classifiche di vendita inglesi), dove ad un incipit acustico in stile classico, segue una splendida canzone di gusto decisamente rock, in cui l'elettrica di Ronson e le orchestrazioni di Buckmaster creano un atmosfera sinistra e splendidamente profonda. Nonostante sia rimasto un cult tra gli appassionati, il disco non è diventato uno di quei classici che tutti consigliano al primo colpo, perché al pari di altri colleghi votati alla sperimentazione (lo stesso Roy Harper o Shawn Phillips), Chapman non sfruttò il breve successo, sia per la sua mancanza di physique du role da rockstar, sia perché il suo stile e la sua voce un po' sgraziata restavano difficili da vendere a grandi lotti.

E' significativo che l'album sia stato ristampato in cd negli Stati Uniti solo lo scorso febbraio dalla Light In The Attic (in Inghilterra ne era uscita già una buona edizione nel 1997 da parte della Repertoire), edizione degna e consigliata per scoprire le due facce del folk britannico, capaci di riff indiavolati (Soulful Lady) o ballate soffici come Rabbit Hills che sarebbe davvero un sacrilegio dimenticare. Riscopritelo, anche perché poi l'ultima parola su come portare il folk inglese alla modernità la dirà poi John Martyn, ma le prime frasi sono tutte qui.
(Nicola Gervasini)


www.michaelchapman.co.uk
www.tompkinssquare.com
www.lightintheattic.net


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