MARC
CARROLL
STONE
BEADS AND SILVER
One Little Indian/Self
***1/2
Pare un esordiente, ma Marc Carroll fa di mestiere l’hobo e l’outsider fin dal 1989. Ex leader degli Hormones, oscura band inglese
attiva tra il 1995 e il 1999, e poi solista giunto con questo Stone Beads And Silver al sesto album,
Carroll sta faticosamente guadagnando riscontri grazie ad una serie di prodotti
ben scritti e confezionati (da recuperare Dust
Of Rumour del 2009 e In Silence
del 2011). La One Little Indian lo sta promuovendo a gran voce, forte di un
apprezzamento della sua musica espresso “nientepopòdimenochè” da sua Maestà Bob
Dylan e pare pure da Brian Wilson. Tutto credibile visto che a suonare in
questo disco ci troviamo lo storico collaboratore di Mr. Zimmerman Larry Campbell e altri musicisti come
Nelson Bragg e Propbyn Gregory che vengono dal mondo Brian Wilson. Anche il produttore
(Marc Testa, un Grammy Award vinto
per i servigi resi ai Band Of Horses) sa di scelta non proprio economica e da
outsider, ed è anche abbastanza strano, perché se è vero che il nome di Carroll
è fino ad oggi circolato più nei mondi indie-rock alternativi, le dieci canzoni
che compongono questo disco più che l’ovvio rimando a Dylan, fanno tanto
tornare in mente le migliori produzioni di un loser per eccellenza come Tom
Ovans, per chi là fuori ancora si ricorda di lui (in particolare nel singolo The Fool Disguised in Beggars Clothes,
che ha una strofa che ricorda molto The Ghost Of Tom Joad di Springsteen). Ma Carroll
non si limita ad un rock-folk urbano alla Ovans (gli manca in session un
chitarrista di taglio puramente rock per poterlo fare), ma allarga il raggio
macinando generi e stili diversi, come la giga brit-folk di Sat Neath Her Window (pare di sentire il
Bob Geldof innamorato del folk di fine anni ottanta) o l’oscura partenza di Muskingum River. Ma anche jingle-jangle rock alla Tom Petty (Lust Not Love e If Only To remind Her), i cori evocativi di The Silcence I Command (che cercano Brian Wilson ma trovano più che
altro i Fleet Floxes). Il Dylan più recente lo si ritrova semmai nei sette
minuti di You Can Never Go Home, bel
tour de force lirico e brano in due tempi con un sound che non avrebbe stonato
neppure in Tempest, mentre la conclusiva Delicate
Grace potrebbe essere un demo acustico di Matthew Ryan. I riferimenti li
avete, nella sua assoluta prevedibilità Stone
Beads And Silver si rileva come una delle prime uscite da notare del 2013
in termini di cantautorato rock.
Nicola
Gervasini
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