The Autumn Defense Fifth [Yep Roc/ Audioglobe 2014] www.theautumndefense.com File Under: american pop di Nicola Gervasini (05/02/2014) |
Un giorno bisognerà commissionare a qualcuno un attento studio su quanto Pat Sansone pesi nell'economia creativa dei Wilco. Dietro figure pesanti e pensanti come Jeff Tweedy o il chitarrista Nels Cline, Sansone è da sempre il membro silenzioso, il "varie e eventuali" che suona all'occorrenza chitarre o tastiere, il personaggio che, ad un orecchio superficiale, potrebbe anche apparire come superfluo. Eppure Tweedy non ha mai rinunciato a lui, e quando Sansone ha dato sfogo al suo ego con gli Autumn Defense, non ha mai sbagliato un colpo. Nati nel 2001 come side-project estemporaneo del bassista John Stirratt, gli Autumn Defense hanno prodotto pochi dischi, tutti comunque belli e affascinanti come Circles, il bellissimo album omonimo del 2007 e il più controverso Once Around del 2010. Opere composte da un country-rock etereo e rallentato, parente stretto della matrice usata dai Wilco, ma spesso perso in un mondo artistico alternativo e meno sperimentale.
Fifth conferma quanto il progetto viva ormai di vita autonoma, e non è detto che un giorno Stirratt e Sansone non decidano di dedicarcisi a tempo pieno, come successo con la scissione definitiva tra Okkervil River e Shearwater. Rispetto ai precedenti capitoli il duo rinuncia solo leggermente a quel tono autunnale (sarà colpa del nome scelto…) e rarefatto che aveva appesantito Once Around, in favore di una maggiore apertura melodica. Dopo l'interlocutoriaNone Of This Will Matter, che sembra far presagire percorsi sonori già noti, This Thing That I've Found catapulta tutti in melodie country-beatlesiane che fanno pensare ai Jayhawks di Rainy Day Music. Di fatto più che a Jeff Tweedy, Stirratt e Sansone sembrano ispirarsi a Gary Louris, innamorandosi spesso delle proprie melodie e infarcendole di archi, arpeggi jingle-jangle e impasti vocali. Il tono malinconico resta comunque preponderante (Can See Your Face è la colonna sonora ideale per i vostri momenti di struggimento), la tendenza ad estetizzare il più possibile continua ad essere il marchio di fabbrica (I Want You Back, che sarebbe piaciuta ai Beach Boys), ma pare evidente l'intenzione di rendere Fifth l'episodio più "pop-oriented" del loro catalogo (con Why Don't We o The Light In Your Eyes sfociamo nell'easy-listening puro).
Operazione riuscita, perché il valore del songwriting è davvero cresciuto a dismisura (Can't Love Anyone Else è il brano che i Jayhwaks non sono riusciti a scrivere in occasione della recente reunion), Under The Wheel è dotata di una grazia davvero rara e degna del migliore cantautorato west-coast oriented degli anni settanta. Permane forse quell'aria un po' da freddi professionisti tipica di due personaggi che nascono comunque come session-men da back office, una perfezione formale che a qualcuno potrebbe anche sembrare eccessiva, ma Fifth è un bellissimo trattato di musica americana semplice e di immediato impatto che, anche grazie a qualche nuovo coraggioso paladino (i Dawes ad esempio), non esce mai completamente fuori moda.
Fifth conferma quanto il progetto viva ormai di vita autonoma, e non è detto che un giorno Stirratt e Sansone non decidano di dedicarcisi a tempo pieno, come successo con la scissione definitiva tra Okkervil River e Shearwater. Rispetto ai precedenti capitoli il duo rinuncia solo leggermente a quel tono autunnale (sarà colpa del nome scelto…) e rarefatto che aveva appesantito Once Around, in favore di una maggiore apertura melodica. Dopo l'interlocutoriaNone Of This Will Matter, che sembra far presagire percorsi sonori già noti, This Thing That I've Found catapulta tutti in melodie country-beatlesiane che fanno pensare ai Jayhawks di Rainy Day Music. Di fatto più che a Jeff Tweedy, Stirratt e Sansone sembrano ispirarsi a Gary Louris, innamorandosi spesso delle proprie melodie e infarcendole di archi, arpeggi jingle-jangle e impasti vocali. Il tono malinconico resta comunque preponderante (Can See Your Face è la colonna sonora ideale per i vostri momenti di struggimento), la tendenza ad estetizzare il più possibile continua ad essere il marchio di fabbrica (I Want You Back, che sarebbe piaciuta ai Beach Boys), ma pare evidente l'intenzione di rendere Fifth l'episodio più "pop-oriented" del loro catalogo (con Why Don't We o The Light In Your Eyes sfociamo nell'easy-listening puro).
Operazione riuscita, perché il valore del songwriting è davvero cresciuto a dismisura (Can't Love Anyone Else è il brano che i Jayhwaks non sono riusciti a scrivere in occasione della recente reunion), Under The Wheel è dotata di una grazia davvero rara e degna del migliore cantautorato west-coast oriented degli anni settanta. Permane forse quell'aria un po' da freddi professionisti tipica di due personaggi che nascono comunque come session-men da back office, una perfezione formale che a qualcuno potrebbe anche sembrare eccessiva, ma Fifth è un bellissimo trattato di musica americana semplice e di immediato impatto che, anche grazie a qualche nuovo coraggioso paladino (i Dawes ad esempio), non esce mai completamente fuori moda.
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