DYLAN SHEARER
GARAGEARRAY
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Cellar Records
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Quando nel 2007 uscì For
Emma, Forever Ago di (o dei che
dir si voglia) Bon Iver, era giusto notare che chiudendosi in quel famoso
cottage del Wisconsin, Justin Vernon non si inventò nulla, ma in qualche modo
stava dando il via a qualche cosa di nuovo. Oggi, a distanza di ormai quasi
sette anni, abbiamo contato parecchi emuli, e possiamo dire che forse la moda
dell’home-made troubadour sta leggermente scemando. Per questo il nuovo disco
del giovane Dylan Shearear appare
quanto mai fuori tempo massimo, perché forse non si sentiva il bisogno di una
nuova voce che riesce a fondere in un colpo solo Bon Iver e ancor più la grande
lezione lasciata precedentemente dal compianto Elliott Smith, in un unico
album. Per il momento infatti Garagearray riesce solo nell’intento
di aggiungere un nome alla già folta lista, perché in queste undici tracce è
davvero difficile scovare elementi che possano far gridare al miracolo o anche
solo qualche tratto caratteristico da segnalare. E sì che Shearer, già autore
di un album nel 2012 (Porchpuddles),
punta davvero in alto quando dichiara di voler ricreare l’allucinato
songwriting del Robert Wyatt epoca Rock
Bottom o addirittura di Kevin Ayers, ma davvero qui si sente tanta grande
perizia nel rileggere schemi altrui, ma nessuno colpo di genio degno di
contanti nomi. In ogni caso, date le opportune bastonate a chi osa così tanto,
va detto che se siete degli appassionati del genere, Shearer comunque sa il
fatto suo, e tra l’altro si è fatto anche aiutare da una sezione ritmica (per
quanto di ritmo non ce ne sia proprio…) formata dagli scafati Petey Dammit
degli Thee Oh Sees al basso e Noel Von Harmonson dei Comets on Fire alla
batteria. Non potendo lavorare troppo sulla varietà delle canzoni (si
distinguono comunque Baggage Claim, Altar
of Love e l’iniziale Time To Go),
il produttore Eric Bauer punta tutto
su suoni riverberati e riscaldati al massimo per riempire le frequenze con
poco. Stratagemmi vecchi ma di sicuro effetto che rendono Garagearray un disco che può anche regalare momenti intensi, ma in
tempi recenti sullo stesso terreno anche un Barzin, o mettetecene uno voi, ha
saputo già dire di più. Shearer è giovane e magari saprà sorprenderci in futuro
se sarà capace di essere meno calligrafico,
ma per ora sta in coda, e neanche troppo vicino al traguardo.
Nicola Gervasini
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