mercoledì 5 novembre 2014

KEN STRINGFELLOW

KEN STRINGFELLOW
 I NEVER SAID I’D MAKE IT EASY
Lojinx/Planet
***1/2

Noto ai più come uno dei session-man più utilizzati dai REM negli anni 2000, ma in verità uomo un po’ ovunque del mondo power-pop, Ken Stringfellow non ha mai dato troppo peso alla sua carriera solista. I Never Said I’d Make It Easy, titolo quanto mai esplicativo sul perché pubblichi poco a suo nome, è una raccolta che capitalizza i riconoscimenti avuti come membro dei Posies, dei Minus 5 o dei riformati Big Star (per dire solo alcune delle band in cui ha militato), riunendo i sedici brani migliori della sua epopea solista. Dal 1997 ad oggi Ken ha pubblicato quattro album (This Sounds Like Goodbye del 1997, Touched del 2001, Soft Commands nel 2004 e Danzig in the Moonlight nel 2012, quest’ultimo però non considerato per compilare questa raccolta), non contando anche gli EP (da cui qui vengono recuperati comunque due brani da Privet Sides del 2003, composto a due mani con Jon Auer). Dischi sempre molto piacevoli, ma persi nel limbo di un mercato discografico ormai autogestito. Per questo ben venga questo lungo riassunto, perché la “fine art of making pop songs” qui trova un rappresentante di primo livello. I REM , e ancor prima Alex Chilton e i Big Star, restano il modello di riferimento di jingle-jangle songs come Down Like Me, Finding Yourself Alone o Reveal Love, il tutto condito dalla sua vocalità leggera, a metà tra un Marshall Crenshaw più ispirato e un Freedy Johnston degli anni d’oro. Pub rock di vecchio stampo, ma anche qualche concessione alla modernità con la decisamente brit-pop Airscape (siamo dalle parti dei Radiohead già infatuati con l’elettronica), e momenti più disturbati come le schitarrate di Don’t Break The Silence che viaggiano dalle parti del compianto Elliott Smith. Il materiale è tutto già edito, tranne la cover di Kids Don’t Follow, un brano dei primissimi Replacements (era sull’EP Stink del 1982). Tra momenti rilassati (la psycho-folk Ask Me No Questions), azzeccate orchestrazioni (Any Love) e piano-ballads (Known Diamond), la compilation scorre senza intoppi e riesce a non annoiare nonostante la sua necessaria lunghezza (65 minuti). Occasione buona per riscoprire canzoni ignorate dai più, e magari per riaddestrarsi in altre discografie, Posies in primis, dove Stringfellow ha lasciato segni anche più importanti.

Nicola Gervasini

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