lunedì 3 novembre 2014

DEVON WILLIAMS

DEVON WILLIAMS
GILDING THE LILY
Slumberland
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Non è la prima volta che incontriamo Devon Williams, già presentato nel 2011 ai tempi del suo secondo album Euphoria. Un nome interessante del mondo indie-pop, per i più attenti già sentito in band minori dell’area di Los Angeles come gli Osker, i Fingers-Cut, i Megamachine e i Lavender Diamond. Degno figlio spirituale di Brian Wilson prima e direi Matthew Sweet poi, Williams è innamorato di cori e melodie eteree e brani che possono apparire leggeri solo ad un primo sommario ascolto. Gilding The Lily, con la sua copertina vintage degna di un oscuro cantautore dei primi anni settanta, prosegue il suo percorso di crescita nell’eterna ricerca della pop-song perfetta, con un sapiente lavoro di fini arrangiamenti operato dal produttore Jorge Elbrecht. E’ un disco di larghe vedute, costruito su chitarre leggere, spesso byrdsiane (Deep In The Back Of Your Mind) , ma con una scrittura che rimanda più a certo pop adulto degli anni 80 alla Prefab Sprout (Games). Non mancano echi di certa new wave del tempo come Pendulum, un brano che starebbe bene anche sul recente disco dei War On Drugs, qualche sviata verso la West Coast più leggera (Around In A Maze), o il momento glam alla Marc Bolan di Puzzle. L’espressione del titolo significa dare una apparenza più attraente a qualcosa che altrimenti si presenterebbe non abbastanza accattivante, forse un riferimento al grande lavoro di ricamo operato su canzoni che probabilmente in una veste scarna e acustica faticherebbero a farsi notare. Perché poi in questo wall of sound di voci e tastiere (ascoltate Rabbit Hole ad esempio), è l’insieme che crea l’effetto prima ancora delle canzoni, un po’ come hanno insegnato a fare i migliori Beach Boys. Gilding the Lily conferma così Devon Williams come un piccolo nuovo Beck, forse più concentrato sulla produzione che sulla scrittura, anche se Will You Let Go of My Heart ad esempio è un bel colpo degno del Lloyd Cole più ispirato. Ha ancora tanta strada da fare, ma certi palati più fini ed esigenti potrebbero già trovarlo più che interessante.

Nicola Gervasini

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