Hey tu! Proprio tu. Tu che nel 1984 aspettavi le feste di classe solo per poter ballare Against All Odds di Phil Collins con la compagna o il compagno che ti piaceva tanto, è arrivata la tua occasione per ricordare tutto! Limonate (in entrambi i sensi) e due di picche (in un solo senso) compresi.
Il 17 giugno 2019 Phil Collins infatti tornerà a suonare a Milano al Forum di Assago! La notizia è di quelle da urlo per i tantissimi fan del cantante inglese, anche per quelli che fanno finta di non ascoltarlo solo perché negli ambienti “musical chic” Collins è più o meno visto come il diavolo.
Urlate quindi, soprattutto perché il tour lo vede in azione dopo lungo tempo di inattività, e il nome fa capire che l’occasione potrebbe essere unica. Il Not Dead Yet Tour (“Non ancora morto Tour”, se c’è una cosa che non gli è mai mancata è l’autoironia) è infatti il primo dal 2005 ad oggi, e arriva dopo un periodo di depressioni e malanni fisici di varia natura. Poco importa che l’artista non pubblichi un album di inediti dal 2002, l’occasione di riascoltare i suoi successi degli ottanta e metà anni novanta è ghiotta per qualsiasi nostalgico, ma…c’è un ma. I prezzi.
90 euro il più basso, 300 euro il più alto. E non è certo la prima volta, stesso discorso, e più o meno stessi prezzi, chiesero i Rolling Stones per il concerto a Lucca dell’anno scorso ad esempio.
Faccio due conti: con 90 euro oggi ci compro quasi tutta la sua discografia solista in cd, sforo solo giusto a voler prendere anche quella dei Genesis, che è più corposa. Però poi penso: non sono solo 90 euro. C’è la prevendita (che è in percentuale di solito, e questa è la follia più grande di tutte), c’è il viaggio, c’è il panino con la salamella preso dai “luridi” (i chioschi posti nei parcheggi), ci sono le birre e coca cola annacquate, c’è la maglietta (vuoi non avere un ricordo?), e c’è il Camogli all’autogrill nel viaggio di ritorno. Stima intorno ai 150 € (sempre parlando della soluzione più economica).
Come siamo arrivati a questa follia? Semplice, il rock è morto (così si dice in giro), ma i padri fondatori stanno ancora in piedi. E non fanno più “concerti”, fanno “eventi”. E agli eventi bisogna esserci. Punto.
Ma qui il discorso si ferma, perché qui la morale non la si fa a nessuno, e perché al portafoglio non si comanda, esattamente come al cuore. E quindi andiamo pure tutti a vedere Collins, gli Stones, e chi altri riesca a scucirci simili cifre per un paio d’ore (se va bene) di juke-box di pezzi che sappiamo già a memoria (e loro si guardano bene dal riarrangiare, anche solo così, per far finta di averci messo del genio in più). Se loro fanno quei prezzi è solo perché noi abbiamo soldi e buona volontà per affrontarli. Si chiama legge di mercato.
Ma a costo di fare il rompiballe della compagnia che quando tutti sono d’accordo su una pizzeria per la serata, tira fuori il nome di una che solo lui sa essere migliore, ricordiamoci che con i 150 euro potremmo vedere almeno 5 serate in qualche locale a sentir suonare qualche musicista italiano o straniero davvero valido. Magari anche più attivo di un Collins o un Jagger, ormai appagati e capaci solo di rifare i vecchi pezzi. Chi? Non mi lancio in consigli (ho troppi nomi in mente, farei torti a tutti), ma facciamo un esperimento: anche solo una volta ogni tre mesi, andiamo a sentire nel locale più vicino anche un artista o una band a caso. Qualcosa che ispira così, a sensazione, anche solo sulla carta.
Vi assicuro che capiremo a quel punto quanto questi prezzi siano assurdi relativamente all’esperienza offerta (non entro invece nel discorso su costi effettivi e cachet dell’artista, perché non è con gli organizzatori che me la prendo in questo caso). Al peggio potremmo incappare in una cover band di Phil Collins, ma in quel caso vi assicuro che suonerebbero Against All Odds esattamente come era nel 1984, ed esattamente come la suona ora Phil nel 2018. In più, però, nei locali c’è una migliore scelta di birre e liquori di solito, e io non sottovaluterei affatto la cosa.
Nessun commento:
Posta un commento