Cassandra
Jenkins - An Overview on Phenomenal Nature
Ba Da Bing Records, 2021
La storia triste che si cela dietro questo
secondo album della newyorkese Cassandra Jenkins è che la cantautrice sarebbe
dovuta partire in tour con i Purple Mountains nel 2019, ma la morte del loro
leader David Berman ha sconvolto i suoi piani, ma soprattutto lei stessa, che
ha avuto bisogno di un periodo di inattività. E non è stato facile ripartire
poi con una pandemia a peggiorare la situazione, e con l’imperativo di dare un
seguito al suo esordio ormai datato 2017 (Play Till You Win), e così lei ha
scelto la politica dei piccoli passi. Si fa a fatica oggi a capire se un album
di 7 brani e poco più di 30 minuti debba essere considerato un album corto (ma
in fondo negli anni 60 questa era la normalità in termini di durate) o un EP
lungo, ma bando ai discorsi di formato, godetevi questo An Overview on
Phenomenal Nature, timido ri-approccio alla vita dopo un periodo critico di
una artista da seguire. Voce soffice ed eterea, strumentazioni minimali fatte
di loops, tastiere, chitarre acustiche, e l’uso alquanto insolito del suadente
sax di Stuart Bogie, questi sono gli elementi principali della sua musica, fin
dall’iniziale Michelangelo. Pezzo forte dell’album è il singolo Hard Drive, che
inizia con un talking e si sviluppa in un grande brano che sottolinea anche
l’importanza dei testi, dove Cassandra ama raccontare tramite nutrite gallerie
di personaggi i propri disagi. Solo in Crosshairs, infatti, sembra voler
affrontare direttamente il proprio periodo di isolamento dal mondo e dalle
amicizie. Non sono da meno comunque gli altri brani, in bilico tra folk (New
Bikini) e melodie da colonna sonora cinematografica (Ambiguous Norway con le
sue storie di fantasmi nordici, Hailey, e lo strumentale conclusivo The Ramble).
Il disco è prodotto da Josh Kauffman, membro dei Muzz e della superband Bonny
Light Horseman, ma producer ormai richiestissimo nel mondo dell’indie, che la
Jenkins ha conosciuto suonando con Craig Finn nelle sue sortite soliste dagli
Hold Steady, autore che con Kauffman ha instaurato un ormai duraturo rapporto
artistico. Tra i musicisti coinvolti invece vanno segnalati Ben Seratan, cantautore
che l’anno scorso ha ben impressionato con il suo album Youth Pastoral, le
percussioni di JT Bates, anche lui autore con già molti titoli all’attivo, e la
chitarra di Will Stratton, artista protetto di Sufjan Stevens. Un piccolo
incontro tra tanti colleghi conosciuti sui palchi di tanti festival insomma,
quasi un piccolo remake nello spirito di quello che fu If I Could Only Remember
My Name di David Crosby per la scena West Coast dei primi anni 70, una piacevole
e rilassata suonata tra amici del mondo indie newyorkese.
Voto: 7,5
Nicola Gervasini
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