Ruben
Minuto – The Larsen's Sessions - Live in Studio
2021, Delta Promotion
La domanda che ogni musicista si
è posto in questo perpetuo lockdown artistico a cui siamo costretti da un anno
ormai è stata “che fare intanto?”. C’è chi si è buttato online in una serie continua
di streaming per non perdere il contatto anche visivo col proprio pubblico, chi
ne ha approfittato per scrivere nuovo materiale, chi purtroppo si è lasciato
andare ad una cupa depressione. Oppure chi, come il milanese Ruben Minuto,
ha sentito l’urgenza di fare un punto sulla sua carriera, quasi un auto-regalo
per i suoi 50 anni, chiudendosi comunque in uno studio di registrazione, quando
è stato possibile, per suonare una sorta di Live in Studio alla Neil Young con
qualche amico raccolto in tanti anni di musica sui palchi (spiccano le tastiere
di Riccardo Maccabruni dei Mandolin Brothers e il gran lavoro del chitarrista
Luca Andrea Crippa, oltre alle voci di Sophie Elle e Lucia Lombardo ). Nascono
così queste The Larsen’s Session, così chiamate perché registrate nei
RecLab di Larsen Premoli, sorta di The Best personale con qualche nuova cover a
condire il tutto, che va a rendicontare una carriera arrivata a tre dischi solisti,
ma anche tante partecipazioni a band e progetti (tra cui anche una cover-band
dei Lynyrd Skynyrd, i Mr. Saturday Night Special). Un modo per conoscere uno
dei musicisti di casa nostra più richiesti dagli artisti americani (ad esempio Ashleigh
Flynn o Don DiLego) quando vengono dalle nostre parti, per il suo feeling
decisamente adatto ad un genere, che bisogna saper maneggiare con cura, come la
musica americana. Dieci brani, come al solito sospesi tra blues e ogni tipo di
tradizione folk e rock USA, come dimostrano le riletture decisamente
vintage-style di Molly & Tenbrooks, uno standard bluegrass reso celebre da
Bill Monroe nel 1947 e dagli Stanley Brothers l’anno successivo, o il puro
country di Why Should I Be So Lonely?, brano di Jimmie Rodgers che fu anche un
cavallo di battaglia di Merle Haggard. Altrove invece si rileggono brani propri
come una Be Alive che sa tantissimo di Radio americana FM anni 70, e altri episodi
puramente roots-rock come Who Cares o In The Hands of Time, mentre le sue
origini blues affiorano prepotenti nella veemente High Heel Shoes o in This Our
of the Day e Jimmy Two Steps. Voce fuori dal coro stilistico è una terza cover,
proprio quella You’re the One That I Want (scritta da John Farrar, personaggio
noto agli amanti della musica garage anni 60 per aver militato in band come i
Mustangs, gli Strangers, il trio Marvin, Welch & Farrar e infine nei più
noti Shadows), che rappresentava il punto di incontro delle schermaglie amorose
tra John Travolta e Olivia Newton-John nel
musical Grease, e che qui, cantata in coppia con la soul-singer
americana Jane Jeresa, si trasforma in una curiosa e molto originale
ballata suadente e rallentata, che rappresenta la chicca di un album
consigliato agli amanti del genere.
VOTO: 7
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