Luca Rovini & Companeros
L’ora del Vero
File Under: Aspettandoci a casa
Se l’antica filosofia del “No Surrender”
di springsteeniana memoria ha ancora senso di esistere nel 2021, credo che oggi
in Italia nessuno più di Luca Rovini la stia impersonificando nella vita
come nella musica. Di autori della nostra terra che si sono ispirati ad un certo
tipo di rock americano, sia nel suono che nell’etica/epica dell’uomo da strada
che non rinuncia al proprio sogno di una Terra Promessa (nonostante le tante bastonate
e delusioni date da un mondo che sembra fatto apposta solo per uccidere ogni
sogno possibile), ne sono state piene le cronache fin dagli anni 80, e, non
ultime, le pagine della nostra webzine, ma alla fine questo indomito pisano,
che dal 2013 ad oggi continua imperterrito ad offrire un rock in lingua
italiana completamente fuori moda, credo sia l’”eroe” più fresco e ancora
combattivo. Otto anni fa, al termine della recensione di Avanzi e Guai,
il suo disco di esordio, caldeggiavo una maggiore attenzione alla produzione, e
oggi con questo L’Ora del Vero, già il suo sesto disco in poco tempo,
direi che il processo di maturazione sia arrivato a velocità di crociera, per
quanto ovviamente possibile per una produzione indipendente. Rovini ha suonato
tanto e soprattutto ha avuto il merito/fortuna di allestire una band (i Companeros)
che ruota intorno ad un pezzo da 90 come Peter Bonta, chitarrista e
tuttofare con nobili trascorsi da session man in Usa fin dagli anni 70 (era nei
Rosslyn Mountain Boys, e ha suonato tra gli altri con Mary Chapin Carpenter),
per cui quella che suona anche in questa nuova fatica è una band rodata e che,
come si suol dire, “suona a memoria”, compresa la rocciosa sezione ritmica
formata da Emiliano Baldacci e Andrea Pavani. D’altronde il rock di Rovini non
cerca di sorprendere nessuno, ama un suono e una filosofia e lo ripropone con
fierezza attraverso una serie di canzoni al solito sanguigne e dirette. Al solito
il menu prevede canzoni che si lasciano andare all’emotività di un momento
(spiccano Dove Brillano le Barche e lo speranzoso finale di Aspettiamoci
a Casa), e altre che invece danno voce alla sua vis polemica (Un Altro
Inganno e L’Ora del Vero) o all’esibizione della propria etica (Coi
Tacchi Sporchi). Non mancano anche questa volta le riletture del suo mondo musicale,
guarda caso molto vicino al nostro, e quindi ecco una coraggiosa rilettura in
italiano di The Rain Came Down, uno dei migliori brani dello Steve Earle
della prima ora, che qui diventa La Pioggia Viene Giù, e una Billy
del Bob Dylan di Pat Garrett & Billy The Kid resa con un evidente pensiero
alla versione di Willy DeVille. Disco fieramente dedicato al rock americano
quindi, con poche variazioni sul tema (il tocco “black” di Quasi Mezzanotte),
e un disperato bisogno di riassaporare la polvere della strada, che è l’unico
luogo dove queste canzoni andrebbero ascoltate.
Nicola Gervasini
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