sabato 24 gennaio 2009

ROSE KEMP - Unholy Majesty


Rootshighway
14/01/2009
VOTO: 6,5
Se vi siete esaltati quest'anno per il folk-metal dei Black Mountain, siete pronti anche per apprezzare Unholy Majesty, terzo disco di Rose Kemp. La ragazza viene da Bristol, il folk ce l'ha nel sangue da sempre visto che è la figlia di Maddy Pryor e Rick Kemp, rispettivamente voce e basso degli Steeleye Span. Proprio gli orgogliosi genitori hanno tentato di instradare la pargoletta sulle orme di famiglia quasi costringendola a registrare un disco d'esordio (Glance del 2003) in veste da pura folk-singer, disco che lei ha quasi rinnegato. Vogliosa invece di concedere le proprie grazie vocali al mondo della musica alternativa, Rose si è immersa in una serie di esperimenti di avanguardia che l'hanno vista spesso esibirsi in solitudine con show fatti solo di vocalizzi in loop. Unholy Majesty segue di un anno il suo esordio da nuova sacerdotessa del metallo di Bristol (A Hand Full Of Hurricanes), ed è un interessante pot-pourrì di folk stralunato alla Joanna Newsom (si senta la pianistica Flawless a riguardo), enfatici recital da oscura signora alla Diamanda Galas, classicismi da progressive inglese uniti a sferragliate da doom-metal anni 90. Il paragone fatto all'inizio con i Black Mountain resta forse il più vicino alla realtà, visto che la Kemp ha lo stesso gusto di alternare all'interno dello stesso brano momenti onirici a esplosioni di rabbia, e lo stesso vezzo di impiantare elementi di disturbo noise-core (i sintetizzatori che sovrastano gli archi in Nature's Hymn), lasciandosi andare anche alla "normalità" della psichedelica Wholeness Sounds. L'arma vincente che rende Unholy Majesty esportabile anche per palati più classici è una band ben assortita che unisce le chitarre pesantissime di Joe Garcia, il violino non sempre suadente di Sue Lord e soprattutto il mix di synth e organo hammond di Dan Greensmith. Un intreccio di strumenti affascinante, che raggiunge il suo apice nella conclusiva title-track, che inizia con un testo decisamente sinistro e si lascia andare ad una lunga coda strumentale che racchiude tutto, folk inglese, metallo british e l'uso di toni maestosi e apocalittici tipici dell'epic-metal. In questo senso anche l'iniziale Dirt Glow è abbastanza rappresentativa di questa nuova via stilistica della musica inglese: inizia su toni eterei e esplode a metà canzoni in un quasi rap-metal alla Rage Against The Machine, mentre Nanny's World utilizza lo stile delle ninna nanne per promuovere nuovi incubi da film horror. Siete dunque avvertiti, Unholy Majesty è un disco pesante (in tutti i sensi possibili), realizzato con suoni puliti e lontani da qualsivoglia ruralità da Chris Sheldon, solitamente mixerista di genere (spesso nella squadra di tecnici di Therapy?, Foo Fighters e Anthrax, e da qui forse il suono molto anni '90 delle chitarre più hard), ma, se avete voglia di ascoltarlo con attenzione, nasconde un'artista con buona personalità e discreta penna di genere, che potrebbe anche maturare ulteriormente nel corso della sua carriera. (Nicola Gervasini)

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