mercoledì 11 febbraio 2009

BON IVER - Blood Bank


Buscadero
Febbraio 2009
VOTO: 5,5
Sono anni di frammentazione e chiusura in nicchie ben definite quelli che stiamo vivendo a livello di produzioni discografiche, e le classifiche di fine anno delle diverse riviste specializzate o webzines musicali ce lo hanno appena confermato, proponendo una tale varietà e quantità di titoli “importanti”, che sfidiamo chiunque a non rimanerne pienamente disorientato. In questo mare magnum di top-records dell’anno, due dischi in particolare si sono contraddistinti per aver presenziato in quasi tutte le liste del 2008, indipendentemente dall’indirizzo di genere della testata: il primo è sicuramente il sorprendente esordio dei Fleet Foxes, piazzatosi tra i primi dieci anche per la nostra rivista, mentre il secondo nome spesso ricorrente è stato quello di Bon Iver, alias Justin Vernon, che ha convinto molti con il suo For Emma, Forever Ago. Impresa in fondo meno scontata la sua, perché se per i Fleet Foxes si può forse scomodare il termine “novità” per definire il loro strano impasto di suoni e voci, Bon Iver invece è l’ultimo di una ormai lunghissima schiera di strampalati autori introspettivi e malinconici, e perdersi nella folla era rischio altissimo. Pieno merito dunque all’essere riuscito ad elevarsi da una massa con confini non più a vista, e ovviamente fucili puntati per il secondo passo. Per ingannare l’attesa, (che non dovrebbe essere poi tanto lunga, visto che le registrazioni del suo primo disco risalgono al 2006), la sua etichetta prova a raschiare fin da subito la sua cassetta dei pezzi di ricambio, pubblicando Blood Bank, un piccolo ep di quattro brani che il ragazzo aveva stampato esclusivamente in vinile in tiratura limitata, e che usava vendere durante i suoi concerti. Registrazioni anche qui del periodo 2006-2008, ed è facile riconoscere nella bellissima title-track che apre le danze quella più recente. Blood Bank è una storia d’amore, nata tra le provette di una banca del sangue con una ragazza che nasconde un segreto inconfessabile che Iver preferisce lasciare nel mondo delle ambiguità, una piccola fotografia di emozioni di una vicenda di giovani freaks moderni davvero intrigante. Brano teso e romantico al tempo stesso, Blood Bank è senza dubbio l’anello che mancava alla suadente catena del suo disco d’esordio. Peccato poi che il resto dell’ep contenga tre brani che sono più che altro tre piccoli esperimenti di un artista che ama registrare in totale solitudine (solo in Babys si registra un intervento di chitarra di Mark Poulson). E così Beach Baby porta la tormentata vicenda amorosa dal freddo della copertina al caldo di una spiaggia, azzardando un incontro tra una acustica suonata su toni bassi e il falsetto un po’ sopra le righe della sua voce. Forse più convincente l’ipnotica Babys, che parte già addormentata su un'unica nota di pianoforte, ma conosce un buon crescendo che la rende più che interessante. Difficile invece digerire Woods, dove Bon Iver gioca con una serie di registrazioni a cappella di un brevissimo testo, modulando toni e filtrando voci, con un risultato decisamente “progressive”, ma un po’ fine a sé stesso. Prodotto “only for fans” dunque questo Blood Bank, opera da evitare se volete capire come mai tanto entusiasmo per il personaggio, obbligatoria invece per intuire cosa gli sta frullando in testa per il futuro. (Nicola Gervasini)

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