sabato 7 febbraio 2009

THE YOUNGERS - Heritage


Rootshighway
23/01/2009
VOTO: 7
Robert Earl Keen nel 1989 diceva che la strada continua per sempre e la festa non finisce mai, e così Todd Bartolo, cantante degli Youngers, vent'anni dopo conferma e ribadisce: le highways americane vanno sempre avanti, ma come recita un verso della sua Highway 9, "qualcuno dice che ci sono strade asfaltate con l'oro, ma io non ne ho mai incontrate". Strade polverose quindi quelle cantate in questo Heritage, quelle dove viaggia l'America proletaria che non ce la fa più ad arrivare alla fine del mese, per dirla con una espressione tutta italiana . Se l'anno scorso i Drive By Truckers di Brighter Than Ceation's Dark hanno cantato la perdita dell'anima di una nazione, questo quartetto della Pennsylvania scende di livello e nel loro secondo album (prodotto da John Carter Cash, proprio il figlio del grande Johnny) parlano solo di perdita di soldi e di dignità sociale.Non ascoltavamo da tempo un disco così meritevole dell'etichetta "blue-collar", sia perché stilisticamente gli Youngers offrono una sorta di perfetto riassunto del rock americano degli ultimi 20 anni (senza peraltro aggiungervi alcunché), sia perché la maggior parte di queste canzoni parla di disperati nelle mani delle banche, con piani pensione che impediscono di vivere il presente, mutui soffocanti, e con ben quattro brani che hanno per protagonista un uomo che ha perso il lavoro. La title-track resta in questo senso perfettamente programmatica, storia di un reduce del Vietnam che non riesce a sbarcare il lunario con la propria attività di truck-driver, film già visto mille volte ormai, ma il brano si conclude con un elenco dei disperati che necessiterebbero di un sussidio, una lista che è poi la più completa galleria di protagonisti del rock stradaiolo yankee del secolo scorso: railroad men, farming men, steel mill men, truck driving men e più genericamente working men. Questa è la gente che popola Heritage, vale a dire la vera cartina al tornasole dello stato di salute dell'economia americana, non categorie penalizzate da questioni razziali o storiche, ma semplicemente la classe lavoratrice bianca che da sempre traina l'american dream. E che secondo Bartolo ormai non è in grado neppure di trascinare sé stessa, persa ormai nel viaggio senza fine di Highway 9 e Truck Driving Man, nelle storie d'amore senza senso di Heartbreaker, nella fuga senza ritorno di The Ride, nella delinquenza di The Wild Ones o nell'alcolismo pieno di rimpianti di Right All The Wrongs. Il "party" arriva solo nel testo finale di Downtown, ma ormai è troppo tardi, il brano si trascina per più di sei minuti in una infinita tristezza, dopo che il disco aveva già chiuso ogni speranza in un viaggio fatto di jingle-jangle rock (Seat 24), alt-country di grana grossa (Our Little Secret), echi springsteeniani con il sax alla Clemmons di Middle Of The Night. L'american-pie infornata dagli Youngers segue una vecchia ricetta senza sgarrare di un grammo sulle quantità, ma è pur sempre un prodotto genuino di una nazione che ha bisogno di rigenerarsi dalle fondamenta.(Nicola Gervasini)

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