mercoledì 20 maggio 2009

GREAT LAKE SWIMMERS - Lost Channels


Buscadero
Maggio 2009

VOTO: 7,5


Visto che il termine “crossover” ha perduto ormai senso ed è caduto in disuso nel mondo del rock, sarebbe ora di coniare un termine adatto per quei dischi che riescono a piacere a nicchie d’appassionati spesso distanti o antitetiche. I Great Lake Swimmers nel 2007 furono uno di questi casi “across the border”, visto che il loro Ongiara era stato ben accolto anche in mondi paralleli e distanti da quelli dichiaratamente “rootsofili”. Canadesi erranti provenienti dall’Ontario, Tony Dekker e soci proponevano un mix di classico country-rock riletto con lo stesso spleen malinconico dei Red House Painters. Dekker ci ha sempre tenuto a ribadire che Gram Parsons e Hank Williams restano le uniche vere fonti di ispirazioni, e questo atteso secondo capitolo intitolato Lost Channels sembra finalmente dargli ragione. Le atmosfere plumbee ed evocative del primo disco trovano infatti in questo nuovo disco una definizione dei contorni ben più netta e riconoscibile. Laddove Ongiara sembrava un unico viaggio onirico nei meandri dell’anima, Lost Channels invece delimita bene le tappe del proprio percorso, e utilizza una dose di arpeggi da jingle-jangle rock d’altri tempi per aumentare ritmo e immediata fruibilità dei brani. Più Byrds nel motore quindi, ma soprattutto diremmo più R.E.M.. She Comes To Me In Dreams ad esempio sembra davvero una outtake di Reckoning, forse il brano dimenticato da Stipe e soci quando compilarono la raccolta di scarti Dead Letter Office. Il chitarrista Erik Arneson deve aver preso lezioni per diventare un Peter Buck moderno, ma è il mandolino dell’ospite Bob Egan (Blue Rodeo e Wilco) che finisce per richiamare la struttura sonora di Losing My Religion sia in Palmistry che in Pulling On A Line, irresistibili pop-song da tasto repeat. Ma Lost Channels non si risolve qui: Dekker infatti stavolta ha cercato di porre maggiormente l’accento sulla bontà del proprio songwriting, decisamente cresciuto in questi due anni, tanto da poter ora vantare ottimi spartiti come Everything Is Moving So Fast (c’è lo spirito di Iron & Wine che si aggira tra gli accordi). E Hank Williams cosa c’entra?. C’entra eccome, perché una sofferta ballata come Concrete Heart, che altro non è che una country-song shakerata con dosi di disperazione sottoforma di sezione d’archi, sarebbe davvero piaciuta al vecchio Hank. E allo stesso modo Gram Parsons si sarebbe riconosciuto in una The Chorus In The Underground impreziosita dal bel violino di Erin Aurich (degli A Northern Chorus, band a cui è dedicato il brano). E’ anche probabile che qualcuno resterà deluso da questa nuova voglia di comunicabilità, e magari non apprezzerà la contagiosa semplicità di un brano come Still, piccolo scherzo acustico che sarete in grado di canticchiare e riprodurre anche dopo solo un ascolto. Eppure a noi piace questa varietà di sentimenti, questo passare da un pop leggero all’indolenza autunnale di New Light, canzone che sembra quasi uno di quei brani lenti ed evocativi del miglior David Crosby, solo infarcito con qualche violino e flauto in più. Chi ha amato Ongiara potrà comunque ritrovarsi nel finale del disco, con una deliziosa River’s Edge che sembra quasi un recupero di vecchie sessions, e magari nello scarno folk casalingo di Unison Falling Into Harmony. Disco nato in studi di registrazioni scelti appositamente per il loro stretto contatto con la natura, come è abitudine della band, Lost Channels rappresenta una conferma - e forse anche qualcosa di più - di una delle migliori realtà del rock canadese odierno. (Nicola Gervasini)



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