domenica 15 settembre 2013

M.G. Boulter

 
 M.G. Boulter The Water Or The Wave 
[
Harbour Song Rec., 2013]

www.mgboulter.co.uk

 File Under: sad and blue music

di Nicola Gervasini (26/08/2013)
Ama le parentesi M.G. Boulter. Le mette ovunque, ci contiene il suo nome in copertina, quello dei musicisti che lo seguono, i titoli delle canzoni e in modo più figurato anche la sua musica. Perché anche la sua carriera musicale è una parentesi tra l'attività di addetto alla pedal steel nella ditta dei Felice Brothers e quella di frontman dei Lucky Strikes (li avevamo segnalati nel 2011 per il disco Gabriel, Forgive My 22 Sins), ma The Water Or The Wave, suo terzo album dopo l'omonimo del 2008 e The Whispering Pines dello scorso anno, ha tutta l'aria di essere l'inizio di un percorso più serio e duraturo. Peccato però che questi undici brani, ineccepibili per forma e spesso anche per sostanza (interessanti alcuni testi), arrivino davvero tardi, quando gli stessi Felice Brothers si sono già arenati in un cambio di suono che ne ha frenato l'ascesa verso la serie A, e quando sempre da quelle parti Simone Felice ha già proposto dischi molto simili ma ben più importanti sotto il nickname di The Duke And The King.

Roots-folk sofferto e strascicato, uso molto melodico della voce, il controcanto di Lizzy O'Connor piazzato un po' ovunque a dare quel tocco alla Belle and Sebastian che serve per strizzare l'occhio al mondo dell'indie-folk: Boulter mette in campo tutti gli strumenti a lui noti, concentrando nella prima parte del disco quei brani che catturano l'attenzione se ascoltati singolarmente (soprattutto Gold King), perfetti per un giro su YouTube o Spotify, ma che messi in un insieme che noi vecchia generazione ci ostiniamo a chiamare "disco", finiscono a dar vita ad una creatura a volte stanca e ripetitiva. E' comunque un album da ascoltare The Water or The Wave, magari a spizzichi e bocconi, giusto per non tediarsi troppo per episodi come The Thistles & The Thorns o Mountain Sickness e meglio apprezzare una Above The Cafè Curtain che sembra uscita da uno dei dischi del Bonnie Prince Billy più addomesticato al country.

Fortuna comunque che l'uomo ha il dono della sintesi (36 minuti e via, cioè l'intelligenza di capire quando si è già detto abbastanza…), e che la scaletta ha episodi ma non lunghi periodi di stanca, per cui si arriva alla fine contenti di trovare all'alba della traccia nove un pezzo che potremmo (con buon coraggio) definire allegro e baldanzoso comeConfetti Hearts che rompe finalmente il ritmo sofferto dell'album. In ogni caso talento e ragione di essere come artista solista sono confermati anche da brani quali Think You Free Maryche stanno in piedi anche se scarni e acustici. Ma i grandi artisti sanno già andare oltre questo livello: se ne ricordi quando ci vorrà riprovare.

   

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