mercoledì 5 novembre 2008

THE PIEDMONT BROTHERS BAND - Bordertown


29/10/2008

Rootshighway


E' impossibile parlare della Piedmont Brothers Band senza fare un piccolo riassunto della loro particolarissima storia. Parliamo di un italiano (Marco Zanzi) e di un americano (Ron Martin), che si conoscono frequentando gli stessi siti di appassionati di Byrds, Nitty Gritty Dirt Band e bluegrass in generale. Parliamo di un progetto nato a distanza di migliaia di chilometri, con Martin che scrive le canzoni in North Carolina e le invia a Zanzi, che le registra e le arrangia a Varese. Parliamo di un nome nato da una fratellanza non anagrafica, ma di vita e di intenti, unito a quel "Piedmont" che ricorda il fatto che entrambi vivono ai piedi di una catena montuosa, (Prealpi e Appalachi). Parliamo di Bordertown, l'agognato primo disco della formazione, che Zanzi ha realizzato con l'aiuto del chitarrista Chicco Comolli, coinvolgendo amici di vecchia data (molti appartenenti agli Steamboat Willie, una delle prime band di bluegrass del varesotto negli anni 80) in un caravanserraglio di musicisti davvero ampio. Bordertown è dunque sia Eden, la città dove vive Ron Martin, sia quell'avamposto lombardo sulla cortina svizzera che è Varese; ed è anche il bellissimo brano che apre il disco, con Ron che ci racconta quelle storie di frontiera che chiedono, anzi necessitano, il suono di questi banjo e mandolini. Martin canta solo 10 brani, una presenza non completa dettata anche da una malattia che lo costringe a limitare gli spostamenti, e così Zanzi ha voluto rimpinguare la scaletta coinvolgendo le vocalist Rosella Cellamaro, Cecilia Zanzi e Barbara Galafassi per coprire il resto delle parti cantate, lasciando a sé stesso l'onore di interpretare la propria Goin'Home e di cimentarsi in due strumentali puramente bluegrass (Buddy's Stomp e One Morning In Monte Golico, vale a dire la sede degli studi di registrazione). Scegliete poi voi da che parte cominciare, vista l'abbondanza di argomenti: potete provare le cover, che imprimono sulla band un marchio d'origine controllata indelebile e inconfondibile, visto che stiamo parlando di una Wheels dei Flying Burrito Brothers ben resa dall'intreccio a due voci tra Ron e Rosella, di una bella I Wish It Would Rain di Nanci Griffith (era su Little Love Affairs del 1988) che esalta l'impostazione puramente country di Cecilia Zanzi, e di una Mr Spaceman dei Byrds che Martin si arrischia addirittura a produrre in medley con la propria The Wampus Cat Song. Un affronto che Ron sembra sostenere davvero bene, anche perchè al di là dell'atmosfera volutamente provinciale che si respira nel disco, Bordertown è nato per confrontarsi con i maestri di genere e non per rimanere un fenomeno relegato nelle valli prealpine, e per essere tale deve essere letto anche con occhio severo. Sicuramente non rinuncerete ad un vostro disco di Norman Blake o dei Byrds per questo, ma alcuni brani di Bordertown hanno da dire la loro in un genere che a definirlo "di nicchia" in Italia significa già allargare di molto gli orizzonti. In genere funzionano bene i brani di Ron Martin, in special modo Annabelle Lee con i suoi archi e impasti vocali, una Mason Wine tirata grazie alle percussioni di Marco Caccianiga o quelle Rich Man e Working On A Batteau che portano un po' di West Coast nelle grigia Lombardia.Il disco perde un po' di ritmo per la troppa voglia di dare spazio a troppi amici, con il risultato di sembrare una raccolta di tanti artisti e non di un'unica band, con conseguente resa qualitativa molto disomogenea, ma forse il progetto era troppo sentito e necessario per poter essere anche perfettamente studiato. (Nicola Gervasini)

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