17/11/2008
Rootshighway
VOTO: 6
…la disarmante capacità di scrittura e una voce inconfondibile sono le armi che segnalano questo ventiseienne come la promessa più consistente del cantautorato USA. Scrivevamo così due anni fa esatti su queste pagine, in occasione della scoperta di Brett Dennen e del suo acclamato secondo album So Much More. Nulla è cambiato da allora, quel disco resta oggi sempre bello e intenso, e le speranze venivano giustamente riposte su un artista che sembrava unire lo spleen indolente di un Ron Sexsmith con la lievità del miglior Josh Rouse. Lo aspettavamo dunque questo Hope For The Hopeless, l'abbiamo ascoltato e riascoltato, girato e rigirato, sviscerato e masticato, ma alla fine non siamo riusciti ad eludere una piena delusione. Dovremmo forse impegnarci a rispettare la scelta artistica di Brett di porre pesantemente l'accento sull'aspetto più leggiadro delle sue melodie, di aver infarcito il disco di ritmi caraibici, con un risultato che si sdraia tra una tavola da surf di Jack Johnson e un margarita di Jimmy Buffett, ma alla fine ce non ce l'abbiamo fatta. Vero, non siamo morti di ribrezzo lasciandoci andare anche solo per qualche minuto a pop-song da villaggio vacanze come Make You Crazy, piccolo scempio terzomondista perpetrato con il nigeriano Fela Kuti, o alla piacevole inconsistenza di una Closer To You o ancora al tenero arpeggio di So Far From Me. Riconosciamo anche che il produttore John Alagìa (John Mayer e Dave Matthews sono suoi clienti) si conferma come uno di quei marpioni da sala registrazione in grado di rifilarti una robetta easy-listening/adult-oriented come When She's Gone spacciandolo per folk intimista, e per un po' ci siamo cascati anche noi. Ma poi quando arrivano i coretti e i campanellini di World Keeps Turning si comincia francamente ad esagerare, e non sarà certo il piacevole zuccherino soul alla Al Green di Who Do You Think You Are? a calmare l'agitazione che comincia ad assalirci. Ci eravamo sbagliati dunque?. Giammai!, e non lo diciamo per cocciutaggine, ma perché, pur nel suo essere un dischetto dimenticabile, Hope For The Hopeless continua a palesare l'esistenza di un'artista dotato di una grande capacità di comunicazione e di una strabiliante facilità a cogliere subito la nota giusta. D'altronde le convincenti San Francisco e Heaven o la toccante Ain't Gonna Lose You, uniche conferme stilistiche e qualitative di quanto dimostrato con il disco precedente, non possono nascere dal nulla. Per il resto sbagliare il disco cruciale è capitato a molti, qualcuno si è poi definitivamente perso, altri hanno saputo rigenerarsi, basta solo ritornare a cantare sé stessi e non scadere nelle scopiazzature della neilyounghiana Follow Your Heart o nel piazzare il solito organo "alla Like A Rolling Stone" in Wrong About Me, mezzucci di mestiere che possiamo attenderci da mille altri bar-losers, ma che da uno come lui non possiamo proprio accettare….O la stiamo forse sopravvalutando una seconda volta Mister Dennen? (Nicola Gervasini)
sabato 29 novembre 2008
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