giovedì 29 aprile 2010
BROKEN BELLS - Broken Bells
Buscadero
Aprile 2010
Il mondo del rock alternativo e indipendente è in fibrillazione già da qualche mese per questo primo disco dei Broken Bells, nome che non cela una band esordiente, ma bensì una sorta di supergruppo messo in piedi da Brian Burton e James Mercer. Se non lo sapete, il primo è il vero nome di mister Danger Mouse, il poliedrico produttore/artista che ha già sbancato le classifiche con i Gnarls Barkley, colui che si diletta di interagire spesso e volentieri con le glorie del rap moderno, e che è stata la mente musicale dietro titoli di riguardo come Modern Guilt di Beck o il secondo album dei Gorillaz. Il secondo invece è il leader degli Shins, sicuramente una delle più fresche e osannate formazioni del decennio appena passato nel mondo dell’indie-rock, e già la definizione dei due fattori in gioco basta a dare l’idea del risultato finale. 10 brani interamente suonati dai due, che mischiano strutture rock con elementi dance e amenicoli elettronici di vario genere, una formula non certo nuova e rivoluzionaria, ma sempre efficace se dosata con maestria. Togliete quindi il soul dei Gnarls Barkley e inserite il canto un po’isterico e poppish di Mercer, ma il risultato non cambia poi molto, come evidenzia il bel singolo The High Road che apre il disco, mentre invece qualche bella sorpresa viene dal suono da Top of the Pops anni 60 di Vaporize, pop-song di razza che svela il suo essere moderna solo grazie ai filtri applicati sulle voci. Qua e là i due pasticciano (i cambi di tempo di Your Head Is on Fire non vanno da nessuna parte, mentre la pastosa Trap Doors annoia un po’), ma quando provano la via della techno-dance tutta falsetti e coretti (The Ghost Inside) finiscono anche per divertire alquanto. La sensazione comunque è quella di un generale sovraccarico di idee e arrangiamenti, come dimostra Sailing To Nowhere, che probabilmente avrebbe trovato la sua giusta dimensione con qualche intervento elettronico in meno. In ogni caso il disco ha i suoi momenti interessanti come la pop-song alla Blur October o persino gli echi dei Cure anni 80 che affiorano in Mongrel Heart (ma con intermezzo morriconiano, giusto per aggiungere altro sugo al pasticcio) e nella finale The Mall and the Misery. Come spesso succede in questi casi, l’unione di due personalità artistiche non arriva sempre ai risultati attesi, ma in ogni caso anche i Broken Bells riescono a descrivere perfettamente a che punto è arrivata l’evoluzione del pop indipendente.
Nicola Gervasini
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3 commenti:
di questi mi piaceva soprattutto il nome, bellissimo!
A me piace anche il disco!
a me piace si e no, alcuni brani molto, altri non tantissimo........secondo me si faseranno meglio in un isecondo album, se lo faranno, non è satto accolto benissimo da quel che leggo in giro
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