Se i tribute e i benefit album sono prodotti destinati a contare poco nella storia (a parte qualche lungimirante caso), è anche vero che è oggi ancora possibile assemblare progetti che possiamo definire “intelligenti”. In My Room fa parte di questa schiera, è un disco pensato per raccogliere fondi per la ricerca sulla sclerosi multipla ed è promosso dalla National Multiple Sclerosis Society. Lasciamo da parte i discorsi sul fine dell’operazione, che servirebbero solo a ribadire l’importanza della causa anche per chi non è affetto da questo male, e passiamo ai complimenti per la regia del progetto affidata a D.C.Anderson, un personaggio tutto da scoprire, nato nel mondo del cabaret e del teatro di Broadway, ma da anni protagonista di una carriera da songwriter d’ispirazione folk e di spettacoli che riscuotono molto successo negli Stati Uniti, unendo gags, canzoni autografe e rivisitazioni in chiave tradizionale di classici. Anderson ha riunito una serie di artisti della nuova scena folk statunitense, crogiolo sempre più brulicante quanto sorprendente di artisti votati ad un ritorno moderno, quanto mai rispettoso, delle tradizioni della madrepatria britannica. Venti artisti, tra cui lo stesso Anderson, che sono stati liberi di scegliersi un brano altrui con l’unico criterio della solidarietà e dell’altruismo come denominatore comune, un esperimento interessante che ha portato qualcuno a scegliersi pezzi di grandi nomi. E così il country-oriented Mike Reid insegna a Billy Joel come s’interpreta al piano To Make You Feel My Love di Dylan, la veterana Catie Curtis pizzica le corde dell’incoraggiante If I Should Fall Behind di Bruce Springsteen, Roy Zimmerman trova il lato romantico di Octopus’s Garden dei Beatles versione Ringo Starr, ma qualcun altro ha provato ad affrontare brani meno noti al grande pubblico (bella ad esempio
Nicola Gervasini
Buscadero Giugno 2010
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