Ci sono artisti che passano lasciando grandi tracce, ma dimenticando di lasciarci sopra la propria firma con piena evidenza, con il risultato di rimanere culto solo di pochi appassionati. Se dico Robert Kirby so che molti di voi voleranno subito con la mente alle fantastiche orchestrazioni create per i dischi di Nick Drake, alle tante collaborazioni con il mondo del folk inglese (ha lavorato tanto con gli Strawbs e Richard Thompson), fino alle richieste di aiuto più blasonate arrivate da Elton John , Paul Weller e Elvis Costello. Kirby è stato un vero genio dell'arrangiamento, l'unico uomo in grado di far sembrare sempre discreta ed essenziale un'intera orchestra di archi, sposandoli spesso e volentieri con dolci arpeggi acustici, ma a volte provando anche a cimentarsi in ambiti decisamente più rock. Kirby è morto senza troppi clamori lo scorso ottobre 2009, una di quelle notizie per addetti ai lavori che però aveva alimentato l'attesa per questo disco dei Magic Numbers, pop-band inglese che ha avuto l'onore di dare asilo alle sue ultime creazioni prima della dipartita.
Loro sono stati una delle strillate "next big thing" della stampa inglese nel biennio 2005-2006, due album di brillante e efficace indie-pop che è valso buone vendite e riconoscimenti. Molto ha fatto paradossalmente anche il loro aspetto, dimesso e ben lontano da quello di pop-stars, complice anche una generale stazza fisica di alto peso dei quattro che è stata anche la causa di alcuni spiacevoli incidenti (abbandonarono polemicamente il palco della trasmissione Top Of The Pops perché il presentatore li annunciò come un "grande e grasso melting pot di talento").The Runaway è il terzo disco, giunto dopo un lungo periodo di silenzio, ripensamenti, e probabilmente anche situazioni difficili a giudicare dal clima non certo festaiolo di queste canzoni, Le due coppie di fratelli che compongono il combo (Sean e Angela Gannon e Romeo e Michele Stodart) hanno infatti dato a luce ad una serie di canzoni che fanno tesoro di mille buone lezioni, antiche (Angela cerca le orme di Linda Thompson in Throwing My Heart Away) o recenti (Restless River parte alla ricerca dei Fleet Foxes), inevitabili (Kirby pesa su The Pulse) o sorprendenti nel loro riferimenti temporali (Why Did You Call? sembra una pop-song dei Prefab Sprout anni 80).
Hanno puntato sulla varietà, vuoi ottenuta grazie ai giochi vocali (bella Once I Had), o grazie a ballate malinconiche di immediato effetto (Only Seventeen), o giocando addirittura con lo smooth-pop-soul di The Song That No One Knows o dando carta bianca a Kirby di sovrabbondare con la sua orchestra nella maestosa Dreams Of A Revelation. Chiude la triste I'm Sorry un disco che riesce a passare dal sobrio all'esagerato con una facilità incredibile, tanto che nello stordimento per tanta grazia non si riesce a capire cosa ci resterà. Per il momento sicuramente uno dei dischi più interessanti arrivati dall'Inghilterra.
(Nicola Gervasini)
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