Forse Antonio Gramentieri ancora non se ne rende conto, ma quello che è successo in questo Love Of The Amateur potrebbe anche essere qualcosa di epocale per noi italiani, anche se temo che saranno in pochi a saperlo. Gli Slummers, nome che potrebbe dirvi nulla se non vi prendete la briga di leggerne i componenti, sono infatti uno dei rarissimi casi in cui un italiano produce e insegna a creare sound ad americani ben più facoltosi e famosi di lui. Accade così che grazie a questo disco si riesca finalmente a far ben figurare Dan Stuart, uomo che davvero sembrava diventato incapace di camminare con le proprie gambe nella sua vita post-Green On Red. Neppure professionisti doc o nomi altisonanti del rock come Al Perry o Steve Wynn erano riusciti infatti a riportare il coriaceo Dan a percorrere radici e sperimentazione nello stesso tempo (come accade qui nell'iniziale Rift Valley Evolutionary Blues), a ritrovare le strascicate atmosfere di Scapegoats nella splendida East Broadway, i riff alla This Time Around in Bowery Boy (Gramentieri meets Prophet, e il cerchio si chiude), i blues svaccati alla Too Much Fun di Who Knows?, le trame acide e minacciose del primo Paisley Underground di Bread And Water, e pure una ballatona finale che ricorda tanto il Chuck Prophet moderno (Waiting For You).
Ma gli Slummers hanno anche un altro lato, sempre con una metà italiana importante impersonata dalle preponderanti percussioni di Diego Sapignoli, ma con in più la sorprendente performance di JD Foster, produttore di serie A per i nostri lidi (suoi i suoni di Since di Richard Buckner, Post To Wire e We Used To Think The Freeway Sounded Like A River dei Richmond Fontaine, Garden Ruin dei Calexico, per dirne solo alcuni), voce soffice e paladino dell'aspetto più smussato e melodico del disco in questa occasione. Dalle sue parti passano infatti alcune ballate quasi da West Coast di un tempo (la dolce Finally..., la countreggiante All About You, l'acustica Ironbound, la jazzata Another Manhattan), e sono questi i momenti forse più immediati dell'album, a partire da quella Last One Out che mette tutti tranquilli e rilassati dopo la partenza rauca e oscura affidata al vocione sempre più ruvido di Dan Stuart.
Love Of The Amateur finisce così per avere i pregi e i difetti di tutti i progetti nati dall'unione di anime diverse, dove l'amicizia e la voglia di suonare assieme potrebbe pericolosamente prevalere sulla logica di arrivare ad un prodotto che abbia un senso compiuto, se Gramentieri non avesse tenuto tutto dentro i confini ben precisi dettati dalla sua chitarra (sei corde in cui passano Richards, Grissom, Ribot e tanti altri…). Lui e Sapignoli sono tra i primi italiani che hanno davvero imparato a creare un suono lontano dalla nostra cultura come quello del cosiddetto "roots" americano, e non solo ad inseguirlo come una chimera. Per gli americani questo sarà magari solo un ennesimo buon disco della loro storia, per noi è una grande e sudata prima piccola conquista.
(Nicola Gervasini)
www.myspace.com/theslummers
www.bluerose-records.com
25/06/2010
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