lunedì 16 maggio 2011

BRUCE COCKBURN - Small Source Of Comfort


Comincia a tirare aria di casa anche nei dischi del più indomito viaggiatore della musica folk, una voglia di cercare quella "piccola fonte di comfort" che la vita da reporter mondiale della sei corde forse non gli ha mai riservato. Small Source Of Comfort è di fatto il primo album di Bruce Cockburn che non dà più l'idea di movimento perpetuo, di continua ricerca musicale, di eterna odissea nelle piaghe del mondo. L'abitudine di documentare data e luogo di scrittura dei brani continua sempre, ma stavolta il clima generale è quello di un salotto di casa, di un uomo in pantofole, di un sospiro di sollievo serale dopo una giornata intensa. Mancava nella discografia di Cockburn un disco del genere, e forse già questo basta a renderlo necessario, visto che già qualche sperimentazione di You've Never Seen Everything del 2003 scricchiolava e Life Short Call Now del 2006 dava l'impressione che il navigante avesse perso un po' la bussola.

Fedele alla tradizione che vuole molte delle copertine dei dischi di Cockburn aberranti per grafica e stile, Small Source Of Comfort è una raccolta di brani molto brevi, non presenta ad esempio quei suoi tipici lunghi reportage parlati alla Postcards From Cambodia, ma cerca la via di melodie semplici e immediate come The Iris Of The Worldo Call Me Rose (satira politica che s'immagina un Richard Nixon divenuto donna per riabilitarsi), quasi delle pop-songs più in linea con la sua produzione anni 80 che con le sue opere più recenti. E soprattutto è forse il disco dove più che in altre occasioni regna la sua chitarra acustica, incontrastata, con rarissimi momenti in cui prende il sopravvento l'elettricità (accade nella bella e bluesata Five Fifty-One). E' anche l'album dove i testi finiscono spesso in secondo piano (Boundless però è notevole in tal senso), dove su 14 brani, ben 5 sono strumentali, e state pur certi che se si dovesse tagliare il repertorio non sarebbero certo quelli a cui rinuncereste, quanto magari a qualche inevitabile episodio minore (la faticosa Each One Lost ad esempio).

Il bellissimo arpeggio in fingerpicking di Bohemian 3-step, il divertente balletto con lo splendido violino di Jenny Scheinman di Lois On The Autobahn e ancor più della trascinante Comets Of Kandahar, o le atmosfere nordiche diParnassius And Fog e Ancestors, sono proprio in questi titoli senza testi il meglio di questo lotto, il segno forse che ormai uno dei nostri cantastorie preferiti parla meglio in silenzio e muovendo solo le dita. Non è un disco importante Small Source Of Confort, è semplicemente il miglior modo di raccontare la voglia di godersi la propria solitudine, un isolamento che, secondo quanto dichiarato nelle note dell'album, avrebbe dovuto dar luce ad un album elettrico e pieno di rumore alla Le Noise di Neil Young, e che invece si è trasformato in una specie di ritorno al soft-sound dei suoi primissimi album. E forse è andata meglio così.
(Nicola Gervasini)

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